giovedì 27 novembre 2025

Tecniche fondamentali della meditazione buddhista

 

Tre tecniche fondamentali della meditazione buddhista: un percorso per stabilità, consapevolezza e gentilezza

La ricchezza del buddhismo offre molte pratiche meditative, ma alcune sono particolarmente efficaci e accessibili a chi muove i primi passi. Ecco tre tecniche cardine, spiegate in modo semplice ma con profondità.


1. Ānāpānasati – Meditazione sul respiro

È la base della calma mentale. Si pratica osservando il respiro così com’è, senza controllarlo.

Passo-passo approfondito:

  • Assumi una postura stabile ma rilassata: schiena eretta, spalle morbide.

  • Porta l’attenzione al respiro naturale, all’aria che entra e che esce.

  • Nota dove il respiro è più evidente: narici, petto, addome.

  • Non impedire alla mente di distrarsi: quando accade, riconosci la distrazione e torna dolcemente al respiro.

  • Impara a percepire i micro-cambiamenti: la durata, la temperatura, il ritmo.
    Con il tempo, il respiro diventa un’àncora, un porto sicuro a cui tornare.


2. Body Scan in stile Vipassanā

Questa pratica coltiva consapevolezza del corpo e delle sensazioni fisiche. È un ottimo ponte verso la meditazione insight.

Come praticarlo:

  • Parti dalle punte dei piedi e risali lentamente verso la testa.

  • Nota tensioni, formicolii, vuoti, calore, fastidi.

  • Non reagire: non cercare di cambiare nulla. Osserva soltanto.

  • Se trovi una zona dolorosa, respiraci dentro con gentilezza.

  • La chiave è l’equanimità: ogni sensazione è un fenomeno che nasce e passa.


3. Metta – Meditazione della gentilezza amorevole

Una pratica che scioglie rigidità e apre il cuore verso se stessi e verso gli altri.

Sequenza tradizionale:

  1. Inizia da te stessa/o: “Che io possa essere felice, al sicuro, in pace.”

  2. Estendi a una persona cara.

  3. Estendi a una persona neutra.

  4. Estendi a una persona difficile.

  5. Espandi a tutti gli esseri: “Che tutti gli esseri siano liberi dalla sofferenza.”

Metta è una pratica potente, perché ricorda che la gentilezza non è qualcosa da cercare: è qualcosa che si coltiva e si espande.

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