martedì 3 dicembre 2013

I fondamenti del Buddhismo

Cos'è il buddismo

 Il Buddhismo (dal sanscrito buddha-śāsana) è una delle religioni più diffuse e tra le più antiche al mondo. Originato dagli insegnamenti di Siddhartha Gautama, si compendia nelle dottrine fondate sulle Quattro nobili verità (sanscrito Catvāri-ārya-satyāni).
Con il termine Buddhismo si indica più in generale l'insieme di tradizioni, sistemi di pensiero, pratiche e tecniche spirituali, individuali e devozionali, nate dalle differenti interpretazioni di queste dottrine, che si sono evolute in modo anche molto eterogeneo e diversificato.
Sorto nel VI secolo a.C., a partire dall'India il Buddhismo si diffuse nei secoli successivi soprattutto nel Sud-est asiatico e in Estremo Oriente.

Fondamenti del Buddhismo

 A fondamento del Buddhismo troviamo le Quattro nobili verità. Si narra che il Buddha (“risvegliato” in sanscrito), meditando sotto l'albero della Bodhi, le comprese nel momento del proprio risveglio spirituale (illuminazione).
Esse sono riportate nel “Discorso della messa in moto della ruota del Dharma”, il  Dhammacakkappavattana Sutta del  Saṃyutta Nikāya del Canone Pāli, i più antichi testi canonici buddhisti.
Questo è, sempre secondo la tradizione, il primo discorso del Buddha, tenuto nel parco delle gazzelle nei pressi di Sarnath vicino Varanasi (detta anche Benares) nel 528 a.C. ai suoi primi cinque discepoli, all'età di 35 anni, dopo che nei pressi del villaggio di Bodhgaya, nell'odierno stato del Bihar, aveva raggiunto l’illuminazione.
Questo discorso, fondamentale per il Buddhismo, che da questo prende le mosse, tanto dal farlo considerare l'evento che dà inizio al Dharma, ossia la dottrina buddhista.
La ricorrenza di questo evento è infatti oggi festeggiato nei paesi di tradizione Theravada con la festa di Maga Puja, il "giorno del Dhamma".
In questo discorso si identifica il Buddhismo come "La Via di Mezzo" (sanscrito Madhyamāpratipad) perché evita i due estremi dell'auto-indulgenza e dell'automortificazione, comportamenti eccessivi che non conducono alla pace mentale.

Nell'esposizione di questo insegnamento il Buddha enuncia le Quattro nobili verità:
·         la Nobile Veritá del Dolore
·         la Nobile Veritá dell'Origine del Dolore
·         la Nobile Veritá della Cessazione del Dolore
·         la Nobile Veritá che Conduce alla Cessazione del Dolore

Il dolore (sanscrito dukkha)  affligge l'uomo a motivo dell'impermanenza sia propria che di tutto ciò che sperimenta e conosce in vita, per effetto della sua nascita immersa nel saṃsāra e per l'adesione alla credenza in un sé imperituro.
Il dolore non è colpa del mondo, né del fato o di una divinità; né avviene per caso. Ha origine dentro di noi, dalla ricerca della felicità in ciò che è transitorio, spinti dalla sete, o brama (sanscrito tṛṣṇā), per ciò che non è soddisfacente.
Per sperimentare l'emancipazione dal dolore, occorre lasciare andare tṛṣṇā, l'attaccamento alle cose e alle persone, alla scala di valori ingannevoli per cui ciò che è provvisorio è maggiormente desiderabile. Questo stato di cessazione viene denominato nirodha
Esiste un percorso spirituale da intraprendere per avvicinarsi al nirvāṇa (pāli nibbāna).
Questo percorso è detto il Nobile ottuplice sentiero, il secondo cardine dottrinale del Buddhismo che rappresenta l'aspetto pratico della condotta di vita e della pratica spirituale buddhista.


 I punti salienti della visione buddhista della realtà percettiva sono:
·         la dottrina della sofferenza (dukkha),  ossia che tutti gli aggregati (fisici o mentali) sono causa di sofferenza qualora li si voglia trattenere ed essi cessano, oppure si voglia separarsene ed essi permangono.
·         la dottrina dell'impermanenza (anitya), ossia che tutto quanto è composto di aggregati (fisici o mentali) è soggetto alla nascita ed è quindi soggetto a decadenza ed estinzione con la decadenza ed estinzione degli aggregati che lo sostengono;
·         la dottrina dell'assenza di un io eterno e immutabile (anima), la cosiddetta dottrina dell'anatman, come conseguenza di una riflessione sui due punti precedenti.

Altri elementi centrali della dottrina Buddhista sono:
·         la dottrina della coproduzione condizionata (sans. pratityasamutpada, pali paṭicca samuppāda), ossia del meccanismo di causa ed effetto che lega l'uomo alle illusioni e agli attaccamenti che costituiscono la base della sofferenza esistenziale;
·         la dottrina della vacuità (sans. sunyata, pali: suññata) che insiste sull'assenza di esistenza intrinseca o a se stante di tutti i fenomeni, intendendo per fenomeni sia la realtà sensibile sia i diversi aspetti dell'Io umano, e sulla stretta interdipendenza degli stessi.

Un elemento importante del Buddhismo, riportata in tutti i Canoni, è la conferma dell'esistenza delle divinità come già proclamate dalla letteratura religiosa vedica (i deva, tuttavia, nel Buddhismo sono sottomessi alla legge del karma e la loro esistenza è condizionata dal saṃsāra ).
Per il Buddha storico, quindi, le divinità esistono e vanno onorate. A differenza, tuttavia, delle altre correnti religiose dell'epoca, il Buddha ritiene che le divinità non possano offrire all'uomo la salvezza dal saṃsāra , né un significato ultimo della propria esistenza.
Va precisato, peraltro, che non esiste, né è mai esistita alcuna scuola buddhista al mondo che affermi, o abbia affermato, l'inesistenza delle divinità. Tuttavia la totale mancanza di centralità delle divinità nelle pratiche religiose e nelle dottrine buddhiste di tutte le epoche ha fatto considerare, da parte di alcuni studiosi contemporanei, il Buddhismo come una religione 'atea'.
In realtà il Buddhismo è una religione non-teista, rifiutando il concetto di un Dio Creatore o di un'entità Onnipotente.

mercoledì 9 ottobre 2013

La legge del Kamma (Karma)

Disse il Buddha: "Monaci, Kamma è intenzione". Secondo la legge naturale del Kamma (meglio noto come Karma, in sanscrito) ci sono risultati inevitabili per ogni nostra azione intenzionale.
Alcune azioni, parole o pensieri possono offendere gli altri o danneggiare se stessi, se l'intenzione che li ha provocati non è benefica.
Questo "cattivo kamma" è motivato da desideri egoistici, da rabbia o illusione. Essendo il risultato doloroso e spiacevole, le persone sagge non seguiranno le intenzioni impure.
Ugualmente vi sono azioni, parole o pensieri che nascono da intenzioni salutari.
Questo "buon kamma" porta al benessere sia personale che altrui.
Le persone sagge, motivate da generosità, compassione, chiara comprensione e da altri stati mentali positivi, coltivano e seguono le loro intenzioni pure.
Il Buddha ha sottolineato che nessuno essere, divino o no, ha il potere di far cessare le conseguenze del kamma sia buono che cattivo.
L'unica via d'uscita dai risultati del kamma è l'illuminazione.
In attesa di ciò, però, si può attenuare la severità delle conseguenze di un cattivo kamma aumentando la portata di quello buono. Il Buddha fece la similitudine di un cucchiaio di sale in un bicchiere d'acqua
paragonandolo a un cucchiaio di sale sciolto in un grande fiume. Il bicchiere d'acqua diventa imbevibile,
mentre il sapore dell'acqua nel fiume non ne risente per niente. Allo stesso modo, i risultati di un kamma cattivo su una persona che accumula solo poco kamma buono sono molto dolorosi, mentre i risultati
dello stesso cattivo kamma su una persona generalmente dedita ad accumulare un buon kamma, sono molto meno gravi.
Comprendere questa legge naturale di causa ed effetto conduce verso una vita morale, compassionevole e saggia. Inoltre, una maggiore comune accettazione della legge del kamma, porterebbe qualsiasi paese ad avere una società più stabile, più compassionevole e più virtuosa.

giovedì 3 ottobre 2013

Il Nobile Ottuplice Sentiero

“Qual è la Nobile Verità del Sentiero che conduce alla Cessazione del Dolore? E’ il Nobile Ottuplice Sentiero e cioè: Retta Comprensione, Retta Aspirazione, Retta Parola, Retta Azione, Retti Mezzi di Sostentamento, Retto Sforzo, Retta Presenza Mentale, Retta
Concentrazione.
C’è la Nobile Verità del Sentiero che conduce alla cessazione del Dolore: questa fu la visione, l’intuizione, la saggezza, la conoscenza e la chiarezza che sorsero in me su cose mai udite prima... Tale Nobile Verità deve essere penetrata coltivando il Sentiero... Tale Nobile Verità è stata penetrata coltivando il Sentiero: fu questa la visione, l’intuizione, la saggezza, la conoscenza e la chiarezza che sorsero in me su cose mai udite prima”. [Samyutta Nikaya LVI, 11]


II sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza si chiama Via di Mezzo perché evita i due estremi dell'auto-indulgenza e dell'automortificazione, comportamenti eccessivi che non conducono alla pace mentale.

Questa via, elaborata nel Nobile Ottuplice Sentiero, consiste nel coltivare la virtù, la serenità meditativa e la saggezza:

  1. La perfezione della comprensione: la retta comprensione delle verità fondamentali dell'esistenza.
  2. La perfezione dell'intenzione: pensieri motivati da gentilezza amorevole, compassione e rinuncia.
  3. La perfezione della parola: veritiera, gentile e appropriata, che porta armonia.
  4. La perfezione del comportamento: non fare del male, non rubare e non tenere una condotta sessuale scorretta.
  5. La perfezione nei mezzi di sussistenza: guadagnarsi da vivere in un modo che non danneggi o sfrutti gli altri o se stessi.
  6. La perfezione dello sforzo: coltivare e mantenere stati mentali salutari e contemporaneamente superare e tenere a bada gli stati mentali non salutari.
  7. La perfezione della presenza mentale: consapevolezza del proprio corpo, delle sensazioni, della mente e degli oggetti mentali.
  8. La perfezione della concentrazione meditativa: profonda unificazione, pace e purezza mentale.

Gli elementi dell’Ottuplice Sentiero, raggruppati in tre sezioni, sono:
·        Saggezza (pañña)
Retta Comprensione (samma ditthi)
Retta Aspirazione (samma sankappa)
·        Moralità (sila)
Retta Parola (samma vaca)
Retta Azione (samma kammanta)
Retti Mezzi di Sostentamento (samma ajiva)
·        Concentrazione (samadhi)
Retto Sforzo (samma vayama)
Retta Consapevolezza (samma sati)
Retta Concentrazione (samma samadhi)

Quando tutti gli otto fattori del Sentiero sono perfezionati e maturi, si penetra nella vera natura dell'esistenza con intuizione profonda e si raccoglie il frutto dell'insegnamento del Buddha: saggezza perfetta liberazione definitiva.


RETTA COMPRENSIONE

Il primo elemento dell’Ottuplice Sentiero è la Retta Comprensione, che sorge dall’intuizione profonda delle prime tre Nobili Verità. Questa intuizione vi dà una perfetta comprensione del Dhamma, cioè la comprensione che “tutto ciò che è soggetto alla nascita è anche soggetto alla morte”. E’ semplicissimo! Non vi sarà difficile capire, razionalmente almeno, che “tutto ciò che è soggetto a nascere è anche soggetto a morire”, ma per molti di noi ci vuole parecchio tempo per capire ciò che queste parole vogliono veramente dire, in modo profondo, non solo attraverso una comprensione intellettuale.

Quando sviluppiamo la Retta Comprensione, usiamo l’intelligenza per riflettere sulle cose e contemplarle. E usiamo anche la presenza mentale, sempre aperti al modo in cui ogni cosa è così com’è. Quando riflettiamo così, usiamo sia la saggezza che la consapevolezza.
Cerchiamo quindi di adoperare la nostra capacità di giudizio con saggezza (vijja) invece che con ignoranza (avijja). Questo insegnamento sulle Quattro Nobili Verità è un aiuto affinché usiamo la nostra intelligenza – l’abilità a contemplare, riflettere e pensare – in modo saggio, per non diventare auto-distruttivi, avidi o pieni di odio.

RETTO PENSIERO

Il Secondo Nobile Sentiero è il Retto Pensiero. Così viene definito dal Buddha: "Il Retto Pensiero consiste nel pensiero in cui non c'è nè confusione nè distrazione, nè ira nè odio, nè desiderio nè libidine [...] il Retto Pensiero consiste nel pensiero in cui c'è l'Amore Universale".

Per realizzare questo pensiero privo di sofferenza, il Buddha suggerisce le Quattro Contemplazioni:
·        per superare la confusione e la distrazione, consiglia di concentrarsi sul respiro, per schiarire la mente e consentirle di focalizzarsi al meglio;
·        per superare l'ira e l'odio, consiglia di praticare la contemplazione della compassione, per capire le cause di questi sentimenti negativi;
·        per superare il desiderio, consiglia di concentrarsi sull'impermanenza, al fine di ricordarci che ogni cosa ha un inizio e una fine;
·        per superare la libidine, consiglia di dedicarsi alla contemplazione della morte, che fa luce sul disfacimento di tutte le cose.

In altre parole, il Buddha ci spinge a padroneggiare il trsna, la "sete di esistere", da rimpiazzare piuttosto i pensieri positivi, i Quattro Incommensurabili: "La gentilezza amorevole, la compassione, la gioia compartecipe e il non attaccamento [...] praticandoli diverrai una sorgente di vitalità e di felicità per tutti gli esseri".

Il Retto Pensiero consiste nell'eliminazione coercitiva del pensiero negativo e nello sforzarsi di costruire un sistema di pensieri positivi.

RETTA PAROLA

Il significato della Retta Parola indicata dal Buddha è usare il linguaggio in maniera costruttiva, consapevole ed efficace, rinunciando alla tentazione di danneggiare il prossimo.

Possiamo suddividere la Retta Parola in quattro categorie:

·        Astensione dalla parola falsa, che equivale in sostanza a non mentire; oltre che un evidente valore morale, evitare di distorcere la realtà significa anche averne una migliore percezione, che come sappiamo è la base per intraprendere la via buddhista;
·        Astensione dalla parola divisiva, ovvero evitare di creare discordia e gettare zizzania volutamente; il comportamento opposto e appropriato è la parola che costruisce amicizia e armonia;
·        Astensione dalla parola aspra, cioè non proferire linguaggio ingiurioso o critiche feroci il cui unico fine è danneggiare il prossimo;
·        Astensione dalla parola oziosa, che spinge a eliminare i discorsi vuoti, le chiacchiere vane, il cicaleccio superficiale.

RETTA AZIONE

Il Quarto Nobile Sentiero buddhista è la Retta Azione, che consiste nei Cinque Precetti (pañca sīla): 
1.     astenersi dall'uccidere o dal nuocere agli esseri viventi;
2.     astenersi dal rubare;
3.     astenersi dall'erronea condotta sessuale;
4.     astenersi dall'uso di un eloquio volgare o offensivo e dal mentire;
5.     astenersi dall'alcool o dalle sostanze che alterano la lucidità mentale.

Sinteticamente, il succo della Retta Azione è agire consapevolmente e in maniera costruttiva, senza MAI danneggiare il prossimo procurandogli ansia, sofferenza o depressione.

RETTA CONDOTTA DI VITA

Il Quinto Nobile Sentiero buddhista è la Retta Condotta di Vita, e tratta del modo di procurarsi i mezzi di sussistenza.

Consiste nello svolgere un mestiere che non vada in conflitto con quanto enunciato nell'Ottuplice Sentiero (in primis con i Cinque Precetti enunciati per la Retta Azione). Per cui, assassini, spacciatori e trafficanti possono scordarsi l'illuminazione.

Non è soltanto una questione morale, quanto piuttosto il fatto che i sensi di colpa generati da tali "professioni" sono di continuo rinnovati dalle azioni necessarie alle stesse, il che renderebbe inutile qualsiasi tentativo di eliminazione della sofferenza psichica, ansia e depressione incluse. E conseguenzialmente diviene impossibile lo sviluppo della serenità interiore necessaria al raggiungimento dello stadio del Nibbana.

RETTO SFORZO

Il Retto Sforzo significa sia impegnarsi ad eliminare la negatività che alberga in ognuno di noi, sia impegnarsi per prevenire un suo nuovo sviluppo in futuro. Ma implica anche un mantenimento della positività che già c'è nella nostra persona e un impegno nella promozione della stessa.

Quindi, strenua opposizione al male e costante foraggiamento al bene, in qualsiasi forma essi ci vengano incontro. Lasciare andare gli stati non salutari e coltivare quelli salutari, confidando nella pratica buddhista.

"Fratelli, fate lo sforzo di guardare dentro voi stessi. Concentrate la vostra attenzione sul vostro pensiero, osservate come esso nasce, cresce e muore, come esso è impermanente e come i suoi fantasmi non sono reali [...] scoprirete che nella realtà non vi è sofferenza, ansia o depressione: esse sono soltanto nel vostro pensiero [...] attuate il Retto Sforzo della concentrazione dell'attenzione sulle vostre sensazioni, sulle vostre emozioni e sul vostro pensiero e realizzerete la Retta Concentrazione".

Il succo del Retto Sforzo consiste dunque nella volontà di attuazione della Retta Concentrazione, ossia dell'osservazione del proprio pensiero.

RETTA CONSAPEVOLEZZA

Il Settimo Nobile Sentiero buddhista è la Retta Consapevolezza, che si riferisce all'essere sempre coscienti di quanto si sta facendo o dicendo, in qualunque situazione. In questa maniera è più facile continuare a fare ciò che è giusto, cioè ciò che rende felici noi e gli altri, ed evitare le influenze negative dovute a sofferenza, ansia o depressione.

Utile riportare un esempio fatto dal Buddha in persona.

“Cosa significa mangiare un mandarino con consapevolezza? Mangiando un mandarino, sapete che lo state mangiando. Ne gustate pienamente la fragranza e la dolcezza. Cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza? Mangiando un mandarino, non sapete che lo state mangiando. Non ne gustate la fragranza e la dolcezza. Se non siete consapevoli di mangiarlo, il mandarino non è reale. Se il mandarino non è reale, neppure chi lo mangia è reale. Ecco cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza".

Il succo della Retta Consapevolezza consiste in definitiva nel rivolgere la propria attenzione alla realtà che ci circonda, al qui e ora, e interagire con essa.

RETTA CONCENTRAZIONE


La Retta Concentrazione è senz’altro il più importante Nobile Sentiero buddhista
Le parole del Buddha sono ancora una volta la via migliore per esplicare il concetto.

"La Retta Concentrazione consiste nella concentrazione sul pensiero. La concentrazione sul pensiero consiste nell'osservazione distaccata dei propri pensieri. Osservate con distacco i vostri pensieri come osservate con distacco il volo lontano degli uccelli nella pace della sera. Imparate dalla terra: se la si cosparge di fiori fragranti o la si ricopre di feci, la terra riceve ogni cosa con equanimità, senza preferenze o avversioni.
Quando nasce un pensiero, piacevole o spiacevole, non fatevene intrappolare e non diventatene schiavi. Osservatelo con distacco e lasciatelo andare: esso non crescerà dentro di voi e non produrrà il frutto avvelenato della sofferenza.
Se voi fate crescere i vostri pensieri, essi divengono potentissimi e si impadroniscono di voi e vi rendono schiavi. Osservando con distacco il vostro pensiero, voi scoprirete una grande insospettata verità: che il vostro pensiero non è il prodotto della vostra volontà, ma è una pianta autonoma e indipendente da voi, alimentata dal vostro attaccamento, e che le sue radici affondano nella vostra paura.
Praticando l'osservazione distaccata del pensiero, i pensieri vani cesseranno e voi dimorerete nella Pura Coscienza. Con la concentrazione, potrete vedere in profondità nella natura delle cinque modalità della percezione: le sensazioni, le emozioni, i pensieri, la volontà e la coscienza".

Il succo della Retta Concentrazione è quindi l'osservazione distaccata della mente, altresì nota come meditazione.


lunedì 30 settembre 2013

Le Quattro Nobili Verità

L'insegnamento centrale del Buddha, a cui ruotano intorno tutti gli altri, è quello delle Quattro Nobili Verità:

1) La vita comporta sofferenza.
Tutti gli esseri sono soggetti alla vecchiaia, alla malattia e alla morte. Non potremo in nessun modo evitare delusioni, disagi, tristezza, ansietà o dolori.

2) La radice della sofferenza sta nell'intenso desiderio verso i piaceri sensuali, verso l'esistenza, verso la non esistenza o nel volere che le cose siano diverse da quello che sono. Questo desiderio è alimentato da attrazione e avversione, guidate dall'illusione di un "Io" o "mio" che, a sua volta, dipende dall'errata  comprensione della vera natura della realtà.

3) La sofferenza cessa con la cessazione del desiderio.
Questo è l'ottenimento dell'illuminazione, il Nibbana (o Nirvana in sanscrito), il totale abbandono dell'illusione che vi sia un sé o anima durevole e indipendente. Una persona illuminata è chiamata Arahant.

4) L'illuminazione si raggiunge per mezzo di un addestramento graduale, un sentiero chiamato la Via di Mezzo, o Nobile Ottuplice Sentiero.

Il Buddhismo è una religione realistica che si confronta con il fatto che nella vita ci sono molte imperfezioni, ed è anche ottimista in quanto offre una soluzione pratica: l'illuminazione già in questa vita.

Tutte le cose sono originate da una causa e sono in un continuo stato mutevole, di conseguenza sono intrinsecamente incapaci di dare una felicità duratura o una soddisfazione sicura.
Inoltre, il desiderio e l'attaccamento verso qualsiasi forma di esperienza portano al conflitto, alla tensione o alla delusione quando cose, persone o situazioni passano e svaniscono.
Fino a quando si considera la sofferenza come qualcosa di innaturale o anomalo, da temere, evitare o respingere, sarà impossibile sradicarne le cause e vivere una vita veramente felice.
Nella misura in cui si riconosce la sottile e onnipervadente natura della sofferenza, si può accettarla e in tal modo liberarsene.
E' per questo che viene sottolineata l'importanza della riflessione sull'impermanenza, considerata la chiave per la liberazione ultima; quelli che hanno realizzato l'illuminazione costituiscono gli ispiranti esempi di
questa profonda felicità, gentilezza amorevole e compassione.

giovedì 26 settembre 2013

Sāṃkhya: il fondamento filosofico dello Yoga

Sāṃkhya è uno dei sei sistemi filosofici (darśana) cosiddetti ortodossi dell’India, cui si collega tradizionalmente il sistema Yoga, di cui rappresenta il fondamento filosofico.
Kapila, saggio indù vissuto prima del VI secolo a.C., è stato il primo filosofo cui viene attribuita l’esposizione di questa teoria della creazione.
Questo sistema filosofico viene annoverato fra i più antichi dell’India, sebbene la sua trattazione sistematica, cioè la Sāṃkhyakārikā («Succinta esposizione metrica del Sāṃkhya»), attribuibile a Īśvarakṛṣṇa, risalga probabilmente non più in là del 4° sec. d.C. Questo breve ma importantissimo testo fu poi oggetto di numerosi commenti nei secoli successivi.

Non c’è accordo fra gli studiosi circa il significato del termine. Secondo diversi studiosi il  termine sanscrito sāṃkhyā significherebbe "enumerazione", con riferimento alla classificazione dei principi cosmici e individuali, gli elementi fondamentali cui riportare la realtà manifesta. La sua teoria della manifestazione riconosce, infatti, 25 diversi stadi di evoluzione.
Secondo altri, il termine sarebbe composto da sāṃ (perfetto, armonioso, corretto) e khya (conoscenza, saggezza). Quindi si potrebbe tradurre Sāṃkhya in “perfetta conoscenza” dell’intero processo di manifestazione, evoluzione e assimilazione.

Sāṃkhya  è un sistema dualistico e ammette due principi increati ed eterni, diversi fra loro:
  • Prakṛtī: la materia, continuamente mutevole, la causa della creazione costituita da tre elementi fondamentali (gūṇa), dalla cui combinazione traggono origine le forme del creato;
  •  Puruauna infinita moltitudine di anime individuali, eternamente immutabili, ma provvisoriamente legate alla materia e trasmigranti da un corpo all'altro.

Solo la convinzione (raggiungibile mediante la riflessione filosofica o la pratica ascetica) che l’anima è di per sé estranea a ogni dolore e miseria, e del pari alla morte e alla rinascita, può far sì che al sopraggiungere della morte corporea l’anima (puruṣa) si liberi da ogni legame con la materia (prakṛtī), sfuggendo così a una successiva reincarnazione e rimanendo in una condizione eterna di isolamento incosciente.
Nello stato di avyakta "inevoluto", la prakṛti risulta di tre diverse sostanze o costituenti (guṇa) o parti integranti: il sattva "bontà", il rajas "passione", il tamas "tenebra", elementi il cui stato di equilibrio, che si manifesta alla fine di un periodo cosmico, viene rotto dalla forza invisibile (adṛṣṭa) delle opere compiutesi nel periodo precedente, forza di cui causa immediata è la vicinanza delle anime, "che agiscono sulla prakṛti, come la calamita sul ferro".
Dall'eccellere di uno o di un altro dei tre guṇa in lotta fra loro, dipende il carattere peculiare della sostanza pensante e cioè: 
  • bontà, virtù, gioia o leggerezza, luminosità (sattva ); 
  • attività, passione, dolore o forza, movimento (rajas); 
  • paura, incoscienza, stoltezza, malvagità o pesantezza e tenebra (tamas).

Gli stadî costruttivi della natura nell'evoluto (vyakta) sono determinati dal Sāṃkhya nel modo seguente: considerati i cinque “elementi grossolani" sthūlabhüta (terra, acqua, fuoco, aria, etere),  esso risale ai loro “costituenti sottili" sūksmabhūta (suono, tatto, colore, gusto, odore), lo stadio di sviluppo dei quali ultimi è posseduto dai cinque sensi (organi di percezione: udito, tatto, vista, gusto, odorato), cui si connettono i cinque organi di azione (voce, mani, piedi, apparato di secrezione, apparato di generazione).
Sāṃkhya  fornisce una chiara visione della natura della mente umana, delle sue tre componenti note collettivamente come citta:
  • Buddhi:  l’intelletto,  che ha l'ufficio di discernere, giudicare, decidere
  • Ahaṃkara: il fattore dell'Io, il senso dell'individualità, ciò che produce l'illusione dell'io, l'organo della soggettivazione    
  •  Manas: la mente inferiore, la mente senso-motoria che,  da una parte riceve informazioni dai sensi e dall’altra si muove e agisce in relazione a queste informazioni.
Questi elementi, nel complesso, costituiscono i venticinque diversi stadi di evoluzione: puruṣa, prakṛtī, i tre componenti di citta, i cinque elementi grossolani, i cinque costituenti sottili, i cinque organi di senso e i cinque organi di azione.

Il principale contributo del Sāṃkhya alla filosofia indiana, tuttavia, è la Teoria della causalità.
Essa si basa sulle teorie di Kāryakāranavāda e Satkāryavāda:
  • Kāryakāranavāda è la teoria di causa-effetto (Kārya: effetto, kārana: causa);
  • Satkāryavāda è la teoria secondo cui l’effetto è inerente alla sua causa, ancor prima della sua manifestazione. L’effetto ha quindi la medesima natura della causa (sat: esistenza)
Yoga e il Saṃkhya, hanno come fine quello di voler liberare l'uomo dalla sofferenza insita nella condizione umana e quindi dal ciclo delle rinascite.
Il Sakhya afferma che a tale scopo sia sufficiente la conoscenza metafisica, il riconoscere cioè che esistono due principi ultimi, la materia e lo spirito, e che questi sono in realtà distinti fra loro, essendo lo spirito spettatore puro e passivo delle dinamiche della materia, materia che è ciò di cui siamo fatti, mente e corpo.
La causa della sofferenza è saṃyoga, la sovrapposizione di puruṣa,  pura coscienza, e prakṛtī,  la materia. La causa di questa sovrapposizione è avidyā, l’ignoranza circa la nostra vera natura.

La storia del Buddhismo

Da più di 2500 anni, la religione che oggi conosciamo come buddhismo è stata di fondamentale ispirazione per molte civiltà evolute; una fonte di conquiste culturali altissime e una guida profonda che ha condotto milioni di persone a comprendere lo scopo stesso della vita.
Oggi un gran numero di donne e uomini, provenienti dai più disparati ambienti e in ogni parte del mondo, segue gli insegnamenti del Buddha.


La storia del Buddhismo

La storia del Buddhismo inizia nel VI secolo a.C., con la predicazione di Siddhartha Gautama.
Siddhartha Gautama, l'uomo che sarebbe diventato il Buddha, nacque circa 2600 anni fa, Principe di un piccolo territorio sull'odierno confine indonepalese.
Sebbene fosse cresciuto in una splendida agiatezza e godesse di una posizione aristocratica, nessuna ricchezza materiale e nessun piacere sensuale poté nascondere, agli occhi insolitamente inquisitivi di quel giovane uomo, le imperfezioni della vita. Perciò all'età di 29 anni, lasciò ricchezze e famiglia per andare nelle remote foreste e montagne dell'India nord-orientale alla ricerca di una definitiva risposta ai problemi dell'esistenza. Studiò sotto i maestri religiosi e i filosofi più saggi del suo tempo, imparando tutto ciò che essi furono in grado di insegnargli, ma nessuno di loro riusci a fornire una risposta alle sue domande. Intraprese allora il sentiero impervio dell'auto-mortificazione, arrivando alle punte più estreme di ascetismo, ma sempre inutilmente.
A 35 anni, nel 530 a.C., capi che né l'auto-indulgenza né l'auto-mortificazione lo potevano guidare verso quelle risposte che stava cercando. Cosi, abbandonati questi due estremi, nella notte di luna piena di Maggio, sedendo in un boschetto solitario lungo le rive di un fiume, sotto i rami di quello che oggi è conosciuto come albero dell’Illuminazione (albero della Bodhi), portò la mente a profondi, luminosi e tranquilli stati di meditazione. 
Per mezzo di una straordinaria chiarezza e penetrante acutezza, generata dall'immobilità interiore investigò con profonda attenzione la natura dell'esistenza, la sua causa e la sua cessazione, e contemplando l'essenza della realtà, ottenne il risveglio supremo: l’esperienza dell’IlluminazioneDa quel momento fu conosciuto come il Buddha, il Risvegliato.
Il Buddha conseguì, con la meditazione, livelli sempre maggiori di consapevolezza: afferrò la conoscenza delle Quattro nobili verità e dell'Ottuplice sentiero e visse a quel punto la Grande Illuminazione, che lo liberò per sempre dal ciclo della rinascita (da non confondersi con la dottrina induista della reincarnazione, che fu esplicitamente rigettata con la dottrina del "non Sé", anatman. Per questo nel buddhismo non è corretto parlare di reincarnazione come si fa normalmente nell'induismo, ma di rinascita, piuttosto).

Nel lungo periodo della sua esistenza, la religione si è evoluta adattandosi ai vari Paesi, epoche e culture che ha attraversato; la sua diffusione geografica fu considerevole al punto di aver influenzato in diverse epoche storiche gran parte del continente asiatico.


La storia del Buddhismo, come quella delle maggiori religioni, è anche caratterizzata da numerose correnti di pensiero e scismi, con la formazione di varie scuole; tra queste, le più importanti attualmente esistenti sono la scuola Theravada, le scuole del Mahayana e le scuole Vajrayana.

Le scuole Buddhiste

Il Buddhismo si estinse in India, paese d'origine, approssimativamente attorno al XIV secolo. Tuttavia durante più di 1500 anni di storia il Buddhismo Indiano ha sviluppato indirizzi e interpretazioni diverse, anche estremamente complesse. Le scuole nate nel sub-continente indiano nel corso di questi 1500 anni di storia sono suddivisibili in tre gruppi:
  • Il Buddhismo dei Nikaya, un insieme di scuole buddhiste sorte nei primi secoli dopo la morte del Buddha Sakyamuni che non riconoscevano la canonicità degli insegnamenti riportati nei Prajñaparamita sutra e nel Sutra del Loto, scritture successivamente denominate come sutra Mahayana e che oggi compaiono nel Canone cinese e nel Canone tibetano. Da una di queste scuole del Buddhismo dei Nikaya, la Vibhajyavada, origina l'importante scuola cingalese, tutt'oggi diffusa nel Sud-Est asiatico, denominata Theravada.
  • Il Buddhismo Mahayana o del «Grande Veicolo», sviluppatosi a partire da alcune comunità buddhiste antiche ma con l'accoglimento degli insegnamenti riportati nei Prajñaparamita Sutra e del Sutra del Loto. Buona parte del Buddhismo Indiano a partire dal II secolo fino alla sua scomparsa è rappresentato o influenzato da questa corrente. La quasi totalità delle differenti scuole oggi presenti in Estremo Oriente appartengono a questo Veicolo.
  • Il Buddhismo Tantrico è anch'esso Mahayana, e rappresenta la controparte buddhista di un fenomeno più ampio nelle religioni dell'India, il Tantrismo, che ha influenzato anche l'Induismo. Si sviluppò in seno al Buddhismo Mahayana e ne influenzò profondamente la pratica, almeno dal VI secolo in poi. Anche noto come Mantrayana, la sua forma più organizzata è più conosciuta come Buddhismo Vajrayana o Veicolo del Diamante.  Pressoché tutte le scuole tibetane appartengono oggi a questo Veicolo.


Tra le tradizioni che fuori dall'India hanno avuto una lunga storia e un'evoluzione in parte indipendente ricordiamo:
  • Il Buddhismo Theravada o degli Anziani, in quanto si rifà al Buddhismo delle origini, tuttora presente nei paesi del Sud Est Asiatico (Sri Lanka, Thailandia, Myanmar, Laos, Cambogia e Vietnam)
  • Il Buddhismo cinese, che è storicamente all'origine del Buddhismo Coreano, del Buddhismo Giapponese e di una parte del Buddhismo Vietnamita. Dal Buddhismo giapponese proviene la scuola buddhista Zen.
  •  Il Buddhismo Tibetano praticato in Tibet e in Mongolia e in epoche diverse in Cina, Ladakh, Bhutan, parti del Nepal.
  • Il Buddhismo in Occidente presente negli Stati Uniti, in Europa ma anche in Canada e in Australia