mercoledì 3 maggio 2017

Yoga Sūtra di Patañjali

Yoga e il Sāṃkhya, due dei sei darśana dell'induismo, hanno come fine quello di voler liberare l'uomo dalla sofferenza insita nella condizione umana e quindi dal ciclo delle rinascite.
Il Sāṃkhya afferma che a tale scopo sia sufficiente la conoscenza metafisica, il riconoscere cioè che esistono due principi ultimi, la materia e lo spirito, e che questi sono in realtà distinti fra loro, essendo lo spirito spettatore puro e passivo delle dinamiche della materia, materia che è ciò di cui siamo fatti, mente e corpo.
Patañjali ritiene invece insufficiente la sola conoscenza, e nei suoi Yoga Sūtra espone una tecnica psico-fisiologica il cui fine è quello di superare gli stati ordinari della coscienza, per realizzare uno stato soggettivo che è sia extrarazionale sia sovrasensoriale (Samādhi), grazie al quale ottenere la liberazione (mokṣa).

Lo Yoga Sūtra ("Aforismi sullo Yoga") di Patañjali è un testo filosofico indiano risalente II secolo d.C., ritenuto fondamentale nello Yoga darśana, uno dei sei sistemi ortodossi dell'induismo.
L'opera consiste in una raccolta di 196 aforismi, ovvero brevi e significative frasi concepite per essere memorizzate con facilità, come era costume presso i maestri hindu, ove la tradizione orale era il mezzo principale per condividere e tramandare la conoscenza.
Il testo è suddiviso in quattro sezioni (pāda):


  • Samādhi Pāda: in cui viene introdotto e illustrato lo Yoga come mezzo per il raggiungimento del samādhi, lo stato di beatitudine nel quale, sperimentando una differente consapevolezza delle cose, si consegue la liberazione dal "ciclo delle rinascite" (saṃsāra).
  • Sādhana Pāda: in cui vengono descritti il Kriyā Yoga (lo "Yoga dell'agire", noto anche come Karma Yoga) e l'Aṣṭāṅga Yoga (lo "Yoga degli otto stadi", noto anche come Raja Yoga, lo "Yoga regale").
  • Vibhūti Pāda: in cui si prosegue con la descrizione delle ultime fasi del percorso yogico, e vengono esposti i "poteri sovraumani" (vibhūti) che è possibile conseguire con una pratica corretta dello yoga.
  • Kaivalya Pāda: in cui viene descritto il modo di ottenere la liberazione attraverso Kaivalya, ossia la "separazione" fra spirito (puruṣa) e materia (prakṛti).

Analizziamo ora alcuni dei versetti più significativi dei primi due capitoli.

Punti principali del Samādhi Pāda 

Che cos'è lo Yoga?

(I.2) Yogaś-citta-vṛtti-nirodhaḥ 
In queste poche parole, semplici e concise, troviamo la sintesi dell’intero insegnamento yogico: 
Yoga è l’Acquietamento (o canalizzazione) delle Fluttuazioni Mentali.
Lo yoga cioè si consegue soggiogando la natura psichica e raffrenando i vortici (vṛtti) della mente.



Le 5 vṛtti principali sono: pramāna (giusta conoscienza), viparyaya (errata conoscienza), vikalpa (fantasia o immaginazione), nidrā (sonno), smritayah (memoria).

Queste modificazioni, alterazioni provocano delle onde di pensiero dalle quali scaturiscono le distrazioni e le illusioni che provocano agitazione, frustrazione, delusione e dolore.

Come raggiungere lo Yoga

(I.12) Abhyāsa-vairāgya-ābhyāṁ tan-nirodhaḥ
I due pilastri della sadhana (pratica) sono Abhyasa e Vairagya: Abhyasa è esercizio costante e ininterrotto, Vairagya è il distacco, il non attaccamento.
Attraverso l’esercizio costante e il non attaccamento si può raggiungere il Samadhi, fine ultime dello Yoga.

Approccio devozionale
Patañjali fornisce un’ulteriore via per raggiungere il Samadhi: il completo e totale abbandono all’Īśvara 

(I.23) Īśvara-praṇidhāna vā
 L’Īśvara  è un puruṣa particolare, non coinvolto nella sofferenza (klesa), né dalle azioni sostenute dalla sofferenza (karma), né dalle conseguenze di queste azioni.
L’espressione che lo contraddistingue è Om:

(I.27) Tasya vacakah pranavah
La sua ripetizione (japa) ne rende manifesto il significato, rende consapevoli. Questa energia che ci fonda può essere percepita, nel sentire non duale profondo, che nasce dalla pratica del mantra che lo designa. Gli ostacoli scompaiono e la coscienza si interiorizza.


Gli ostacoli sulla via per raggiungere il Samadhi

(I.30)Vyadhi-styana-samsaya-pramadalasyavirati-bhranti-darsanalabdhabhum ikatvanavasthitavani citta-viksepas te 'ntarayah
Gli ostacoli che causano la dispersione della coscienza sono : malattia (vyadhi), l’inerzia (styana), il dubbio (samshaya), la depressione (pramada), la pigrizia (alasya), l’iperattività (avirati), l’errata percezione (bhrantidarsana), l’instabilità (an-avasthitatva), inabilità a raggiungere alti obiettivi ( Alabdha bhumikatva).


Punti principali del Sādhana Pāda 

Kriya Yoga e kleśa
Patañjali indica nella pratica del Kriya Yoga il percorso per ridurre la miseria e le afflizioni (kleśa) e condurre al Samadhi

(2.1) Tapah svadhyaya Īśvara-praṇidhāna kriya-yogah
Lo yoga dell’azione (Kriya Yoga) è costituito dalla volontà cosciente (Tapas, motivazione), dall’auto-conoscenza (Svadhiyaya, lo studio di sé, ma anche dei testi), l’abbandono al tutto (Īśvara-praṇidhāna).

(2.3) Avidya asmita raga dvesha abhiniveshah kleshah kleśah
Le cause del dolore, della sofferenza (kleśa,maculazioni, ciò che macchia la coscienza) sono l’ignoranzanza (avidya), l’ego (asmita), il desiderio (raga), l’avversione (dvesa), l’attaccamento al vivere (abhinivesa, la paura della morte).

(2.4) Avidyā kṣetram-uttareṣām prasupta-tanu-vicchinn-odārāṇām
L’ignoranza è la fonte (la radice, la causa) della sofferenza (kleśa) sia essa dormiente, attenuata, intermittente o pienamente attiva.

(2.12) Kleśa-mūlaḥ karma-aśayo dṛṣṭa-adṛṣṭa-janma-vedanīyaḥ
L’accumulo di azioni (Karma) ha la sua radice negli stati mentali di sofferenza (kleśa) . Lo si sperimenta nella vita attuale e in quelle future.

(2.16) Heyaṁ duḥkham-anāgatam
Si deve evitare la sofferenza futura.

Causa della sofferenza
Come già abbiamo visto nella filosofia Samkhya, Patañjali individua come causa della sofferenza la sovrapposizione (Samyoga) tra Puruṣa e Prakṛti.

(2.17) Draṣṭṛ-dṛśyayoḥ saṁyogo heyahetuḥ
Ciò che si deve evitare è la sovrapposizione (l’identificazione) della coscienza (puruṣa) con la “cosa” vista (prakṛti).

La via d’uscita dalla sofferenza

(2.25) Tad-abhābāt-saṁyoga-abhāvo hānaṁ taddṛśeḥ kaivalyam
Quando l’ignoranza scompare, cade la confusione e si ha la liberazione della coscienza. (kaivalyam)

(2.26) viveka-khyātir-aviplavā hānopāyaḥ 
 Il mezzo per ottenere la scomparsa della confusione è usare in modo incessante la consapevolezza discriminante.

Ashtanga Yoga
Praticando i rami dello yoga, si distruggono le impurità, sorge la luce di una nuova conoscenza che culmina nella consapevolezza discriminante (viveka-khyati) di ciò che è.

(2.29) yama niyama-āsana prāṇāyāma pratyāhāra dhāraṇā dhyāna samādhayo-'ṣṭāvaṅgāni
Le otto membra sono :
1) Yama: le astinenze (in relazione con il prossimo)
2) Niyama: le osservaze (in relazione con se stessi)
3) Asana: posture
4) Prāṇāyāma: il controllo dell’energia
5) Pratyāhāra: l’interiorizzazione dei sensi
6) Dhāraṇā: la concentrazione
7) Dhyāna:la meditazione
8) Samādhi: la coscienza profonda ‘raccolta’

Parlerò approfonditamente di questi rami nel prossimo blog.



lunedì 1 maggio 2017

Ashtanga Yoga secondo Patañjali: parte prima

Gli Yoga Sutra di Patañjali sono un manuale tecnico e scientifico  che presenta lo Yoga come disciplina psico-fisica.
Negli Yoga Sutra Patañjali offre al praticante sincero una “ricetta” per distruggere le impurità e raggiungere la perfetta saggezza che conduce al Samadhi.
Questa “ricetta” sono gli 8 rami, o braccia, dello Yoga:
  •       Yama: le astinenze (in relazione con il prossimo)
  •       Niyama: le osservaze (in relazione con se stessi)
  •       Asana: posture
  •       Prāṇāyāma: il controllo dell’energia vitale (prana)
  •       Pratyāhāra: l’interiorizzazione dei sensi
  •       Dhāraṇā: la concentrazione
  •       Dhyāna: la meditazione
  •       Samādhi: la coscienza profonda ‘raccolta’


L’ordine presentato non è casuale.
Yama e Niyama sono al primo posto perché sono la base su cui poggia tutto il lavoro di ricerca dello Yoga. Essi rappresentano i 10 comandamenti dello Yogi sincero. Gli Asana seguono immediatamente Yama e Niyama perché attraverso essi la persona si equilibra e si rafforza in modo da poter affrontare preparata il Prāṇāyāma. Quando si acquisisce il controllo sull’energia sottile, si accede facilmente al Pratyāhāra.
Solo attraverso l’interiorizzazione dei sensi si possono affrontare le pratiche meditative.  Dalla concentrazione (Dharana) si può giungere alla meditazione (dhyana) ed infine dalla meditazione al Samadhi, o fusione nel Divino.
Tuttavia le otto braccia si compenetrano. Infatti quando eseguiamo gli Asana normalmente abbiniamo un ritmo respiratorio o un tipo di respirazione, quindi Asana e Pranayama si eseguono di norma insieme. Durante la pratica si raggiunge uno stato di ritiro dei sensi (pratyāhāra) e di concentrazione (dhāraṇā).

YAMA E NIYAMA

Gli Yama rappresentano il codice etico dello Yoga. Lo scopo principale di questo codice etico è di eliminare tutti i disturbi mentali ed emotivi che caratterizzano la vita dell’essere umano ordinario. Odio, disonestà, disprezzo, sensualità, possessività, sono alcuni tra i vizi più comuni dell’uomo e finché esso sarà soggetto a questi vizi la sua mente resterà preda di disturbi violenti. Finché tali turbe rimangono, è perfettamente inutile intraprendere lo Yoga più elevato.
Mentre gli Yama sono pratiche di tipo morale, le pratiche del Niyama sono di tipo disciplinare e costruttivo. Essi mirano  ad organizzare la vita in modo proprio. Con i Niyama siamo infatti in grado di affrontare e dissolvere definitivamente le tendenze Karmiche che interferiscono con l’impegno evolutivo del Sadhaka (colui che segue una determinata pratica, sadhana).
Approfondirò i concetti di Yama e Niyama nei prossimi blog.

ASANA

Asana: stato psicofisico che si realizza immobilizzando il corpo e la mente con l'aiuto fondamentale del respiro.
Il praticante si osserva e registra le proprie sensazioni che possono essere piacevoli o sgradevoli come la tensione, il dolore, il caldo, il freddo, percepisce il proprio corpo e la sua energia, prova tutto questo come se stesse guardando un altro, con distacco. Senza consapevolezza, la pratica degli asana è indistinguibile da un mero esercizio fisico in palestra.
L'asana ha effetto sul corpo e sulla mente ma la mente a sua volta, tramite introspezione, rilassamento e la concentrazione agisce
indirettamente sul corpo fisico. Esiste sempre una stretta connessione tra mente e corpo.
L'azione terapeutica dell'asana e' dovuta alla posizione statica del corpo unita ad una corretta respirazione ed ad un corretto
atteggiamento mentale. Corpo, mente e respiro vengono posti in un determinato atteggiamento da provocare uno stato di benessere totale. Attraverso una pratica costante l'intero organismo viene vitalizzato, stimolato e riequilibrato.

PRANAYAMA

Prana significa energia vitale, la cui manifestazione grossolana è il respiro, ayama controllo - padronanza.
Pranayama è quindi il controllo cosciente del prana (la vibrazione o energia che attiva e sostiene la vita del corpo), è la scienza del respiro.  La pratica yoga del pranayama è la via diretta per disinnestare consciamente la mente dalle funzioni vitali e dalle percezioni sensorie  che legano l' uomo alla coscienza del corpo. 
Secondo Patanjali il pranayama consiste nella sospensione, per periodi di tempo determinati, sia del processo inspiratorio che quello espiratorio allo scopo di aumentare la quantità di prana all' interno del corpo. L'essere umano ha la possibilità di aumentare il bagaglio pranico nel suo corpo soprattutto attraverso la respirazione. 


PRATYAHARA

Per Pratyahara si intende l’interiorizzazione dei sensi e della mente.
E' la capacità di isolare la mente da qualsiasi stimolo sensoriale esterno e metterla in condizione di rivolgere tutta l'attenzione all'interno.


Le cinque membra fin qui descritte sono considerate mezzi esterni di realizzazione. E così si giunge alle successive tre membra considerate mezzi interni-sottili per giungere alla realizzazione del Samadhi, l' unione tra il Sè individuale con il Sè universale.

Questa seconda parte viene comunemente considerata Raja Yoga

DHARANA

Dharana significa concentrazione, la capacità di portare la mente su un solo punto o argomento induce la
mente a placare il suo flusso continuo, causa di insoddisfazioni e infelicità.


DHYANA

Dhyana è la meditazione. La mente che contempla un oggetto si trasforma nella forma dell'oggetto stesso, questo stato e definito meditazione. Una volta raggiunto questo stadio il praticante ha unito corpo, sensi, respiro, mente e l'io in oggetto di contemplazione, nessun'altra sensazione lo tocca.

SAMADHI

Samadhi significa “mettere insieme”. E’ il termine che descrive l'unione del meditante con l'oggetto della meditazione.
Al culmine della meditazione il praticante passa nello stato di Samadhi, in unione, in assorbimento totale nello spirito.
In questo stato lo yogi è completamente sveglio e vigile ma riposa come se fosse addormentato, scompare il senso dell' IO o del MIO poiché perviene ad uno stato senza tempo.


Ashtanga Yoga secondo Patañjali: parte seconda

Approfondiamo ora i cinque Yama e i cinque Niyama

Lo scopo principale di questo codice etico è di eliminare tutti i disturbi mentali ed emotivi che caratterizzano la vita dell’essere umano ordinario. Odio, disonestà, disprezzo, sensualità, possessività, sono alcuni tra i vizi più comuni dell’uomo e finché esso sarà soggetto a questi vizi la sua mente resterà preda di disturbi violenti. Finché tali turbe rimangono, è perfettamente inutile intraprendere lo Yoga più elevato.


YAMA
Il termine Yama deriva dalla radice Yam che significa frenare, controllare. Yama, quindi è l’astinenza che deve essere applicata ai pensieri, alle parole e alle opere.




I cinque Yama sono: Ahiṁsā, Satya, Asteya, Brahmacarya, Aparigrahā

AHIMSA

Ahimsa è l’astensione dal fare violenza. E’ un atteggiamento non violento nei confronti di tutte le creature viventi. Esso è basato sull’unicità della vita.

E’ uno fra i più importanti fondamenti morali della disciplina Yoga. Ahimsa non è solo un corretto comportamento etico sociale, ma una eliminazione totale del seme della violenza che è latente in noi. Per esempio, se una zanzara ci dà fastidio, la non violenza non è il fermare la mano un attimo prima di schiacciare l’insetto, bensì il non aver neanche l’impulso di schiacciarla.

Lo Yogi pratica attivamente Ahimsa perché sa che la violenza produce un Karma che condizionerà negativamente la sua evoluzione spirituale e renderà la sua esistenza un pesante fardello di miserie.

La violenza nasce soprattutto dalla paura, dall’ignoranza e dalla debolezza. Gli atteggiamenti di vendetta, gelosia, disprezzo e odio, generano non solo grosse forze di violenza materiale, ma anche forme più sottili, meno avvertibili e più pericolose, che si manifestano sul piano del conscio e dell’inconscio.

Ahimsa si attua attraverso la discriminazione (Buddhi). Questa facoltà si sviluppa attraverso un lungo tirocinio che consiste nel fare sempre la cosa giusta ad ogni costo. Occorre una continua osservazione della propria mente, delle proprie emozioni, parole ed opere e incominciare a regolarle in accordo con l’ideale della non violenza. Gradualmente questo ideale di non violenza si trasformerà in una vita d’amore positiva e compassione verso ogni creatura.


SATYA

Satya significa “vero”, “reale”, ed è un attributo di Vishnu, esempio e modello di verità.

Satya è l’astenersi dal mentire e va intesa con il significato più ampio che il concetto può dare. Per lo Yogi significa  perseguire l’assoluta verità nel pensiero, nella parola e nell’azione. 

La menzogna disturba in modo fastidioso la nostra mente. Solitamente si fa ricorso alla bugia per evitare difficoltà; in realtà andiamo in contro a difficoltà maggiori dovendo sostenere la menzogna. Questo continuo sostenere la menzogna, determina una tensione nella nostra mente subconscia ed offre terreno fertile ad ogni tipo di turba emotiva.

La pratica di Satya è assolutamente indispensabile se si vuole sviluppare la Buddhi (discernimento). Se il nostro discernimento sarà limpido potremo capire quando un’affermazione veritiera può essere detta e quando no. Essere sinceri non vuol dire esprimere sempre quanto pensiamo. Un’affermazione nociva basata su dei fatti ovvi ma superficiali e temporanei è, nel profondo senso spirituale, una cosa non veritiera.


ASTEYA

Asteya è l’astensione dal prendere ciò che non ci è stato dato  e va esteso a tutte le forme di appropriazione indebita.

Con appropriazione indebita si intende accettare compensi per aver svolto il proprio dovere, accettare lodi, onori, privilegi e apprezzamenti non meritati. Si intende anche non desiderare nulla che non sia nostro. 

Asteya comprende anche l’uso diverso o sbagliato di cose che non ci appartengono, il loro abuso, la loro cattiva conservazione, la loro non restituzione a tempo dovuto.

Occorre essere consapevoli che ogni desiderio, ogni attaccamento è causa di schiavitù e di sofferenza e solo attraverso il distacco si può agire pur restando liberi da ogni vincolo. Eliminando queste tendenze indesiderabili si arriverà a rendere la mente pura e tranquilla.


BRAHMACHARYA

Brahmacharya è uno Yama molto discusso e contestato dalle varie correnti all’interno dello Yoga. Letteralmente significa castità, celibato, ma molti lo interpretano come una pratica moderata dei piaceri sensuali.

Patanjali afferma che se si vuole seguire la via dello Yoga Superiore, i piaceri sensuali devono essere abbandonati. L’energia sessuale è una grande forza che l’uomo ha e che normalmente non controlla. Questa grande energia viene così dissipata impedendo alla consapevolezza di crescere. Reprimere questo tipo di energia sarebbe molto pericoloso. L’energia sessuale deve essere invece sublimata, trasformandola in energia mentale. Per chi pratica il Brahmacharya sono  indispensabili Asana, Kriya e Mudra, che sono i mezzi per il controllo e la trasmutazione di tali energie.

Nell’epoca moderna, all’infuori dall’ordine monastico degli swami,  Brahmacharya viene intesa come disciplina sessuale, rispetto, sacralità dell’atto sessuale.


APARIGRAHA

Aparigraha   è la “non possessività”. Per capire il motivo per cui Aparigraha è importante, bisogna pensare all’influenza negativa che la possessività esercita su di noi. L’impulso ad accumulare beni mondani è così forte nell’uomo che lo si può considerare quasi un istinto fondamentale della vita umana.

Aparigraha non eliminare ciò che materialmente possediamo, ma eliminare le dipendenze che ne possono derivare.

E’ nostro dovere ricercare le cose essenziali che ci permettano di vivere una vita decorosa, ma l’avidità per le cose che in realtà non sono necessarie produce anche gravi conflitti. Basta considerare il tempo, denaro ed energia spesi per accumulare, mantenere e custodire beni superflui; le paure, il dolore, l’ansia costante che crea il timore di perderli, gli attaccamenti, l’egoismo, le gelosie, l’orgoglio che essi producono nell’uso che ne facciamo.

Vivere con animo tranquillo, senza desideri, la mente aperta e in atteggiamento di attesa, accontentandoci di quanto ci offre la vita, secondo la legge del Karma, conduce all’evasione dai limiti dei nostri condizionamenti e a spaziare nell’immensità del tutto.


NIYAMA


Mentre gli Yama sono pratiche di tipo morale, le pratiche del Niyama sono di tipo disciplinare e costruttivo. Essi mirano  ad organizzare la vita in modo proprio. Con i Niyama siamo infatti in grado di affrontare e dissolvere definitivamente le tendenze Karmiche che interferiscono con l’impegno evolutivo del Sadhaka (colui che segue una determinata pratica, sadhana).

I cinque Niyama sono:  śauca, saṁtoṣa, tapas, svādhyāya, Iśvara praṇidhānā.

SAUCA

Saucha è il primo elemento del Niyama e significa purezza.

Il termine “purezza” va riferito non solo al nostro corpo materiale che identifichiamo attraverso i sensi, ma a tutti i cinque Kosha (corpo fisico, vitale, mentale, intellettuale, causale) con il fine di trasmutare gli stati di coscenzialità di questi veicoli dallo stato Tamasico (inerzia, contrazione) a quello Sattvico (espansione, conoscenza).

Il primo corpo che dobbiamo purificare è l’Annamayakosha, o il corpo fisico. Esso si occupa esclusivamente della pura sussistenza fisica. E’ costituito da elementi chimici provenienti dal nutrimento solido, liquido e gassoso, ed alle funzioni metaboliche, perciò viene chiamato “corpo del cibo”. Esso è in relazione con gli altri quattro corpi superiori e da essi viene animato e alimentato di energie Praniche. Le purificazioni legate a questo corpo sono i Shatkarma.

Il secondo corpo da purificare è il Pranamayakosha, o corpo vitale. Esso è costituito dai Prana Vayu (Prana, Samana, Udana, Vyana, Apana, ecc.) i quali operano, attraverso le Nadi, sui vari Kosha producendo tutte le attività vitali, dalla motricità al pensiero.

Per la purificazione del Pranamayakosha, la Sadhana prevede il Pranayama, i Bandha, i Kriya e i Mudra le cui tecniche operano una purificazione e un riequilibrio delle Nadi (circuiti Pranici ).

Il terzo corpo è il Manomayakosha, o corpo mentale o psichico. Esso comporta gli strumenti della percezione e dell’azione e comprende la memoria individuale ed ereditaria, gli istinti caratteriali, tutti i condizionamenti, i complessi, le sensazioni e l’inconscio.

Esso, attraverso i Chakra, governa il corpo Pranico e attraverso questo promuove coscientemente l’attività del corpo fisico.

Le tecniche di purificazione del Manomayakosha fanno parte dell’Antaranga Yoga, o Yoga interiore, a cui si accede solo sotto la guida esperta di un Guru. Kriya, Mantra, Yantra e Dharana fanno parte dell’Antaranga.

Il quarto corpo è il Vijnanamayakosha. E’ lo stato più denso dell’anima individuale incarnata (Jivatman). Di questo corpo fanno parte il mentale o pensiero (Manas) che ha la proprietà di delineare le cose; l’ego (Ahamkara) che ha la proprietà di identificare il corpo nell’io individuale; la sostanza del pensiero (Chitta) che ha la proprietà di memorizzare gli eventi che la stimolano; l’intelletto, il discernimento (Buddhi) che ha la proprietà di discriminare. Esso si trova in stretto rapporto col Manomayakosha e agisce sull’equilibrio delle pulsioni egoiche inconsce, sul controllo degli istinti e sulla coscienzialità del bene del male nel contesto del Dharma Universale (Legge Cosmica).

La Sadhana di purificazione che va aggiunta a quelle che si sono sviluppate precedentemente, è il Dhyana.

L’Anandamayakosha è l’ultimo corpo, quello più sottile e in cui si evidenzia l’aspetto più Sattvico(puro, spirituale) raggiungibile. La sua natura è coscienza pura, pace e beatitudine assoluta (Ananda). Esso cela l’ultima barriera dell’ignoranza (Avidya) che ci divide dalla Coscienza Cosmica (Atman).


SAMTOSHA

Saṁtoṣa viene tradotto con il termine “appagamento” o “accontentamento”. Appagamento non è solo accontentarsi di ciò che si ha, ma è il rinunciare all’attaccamento alle cose che non si hanno.

Questo appagamento non equivale all’inerzia o mancanza di iniziativa, bensì è una condizione mentale positiva e dinamica. Si fonda sull’indifferenza a tutte quelle gioie, comodità ed altre considerazioni di indole personale che influenzano l’umanità. Lo scopo dello Yogi è il conseguimento di quella pace che ci pone completamente al di là del dominio dell’illusione e della miseria.


TAPAS

Il significato di Tapas combina in sé diversi significati, come purificazione, autodisciplina, austerità. Viene tradotto anche coi termini “calore”, ”ardore” prodotti attraverso le pratiche ascetiche e soprattutto la pratica della castità. Il termine racchiude molte pratiche il cui fine è purificare e disciplinare la nostra natura inferiore e sviluppare una ferrea volontà.

Nel senso ortodosso del termine, Tapas viene impiegato per certi esercizi specifici adottati per la purificazione, il controllo del corpo fisico e lo sviluppo della forza di volontà. Fanno parte del Tapas pratiche di digiuno, il silenzio, il Pranayama.


SVADHYAYA

Il termine svādhyāya è composta dalla sillaba Sva che significa “proprio” e dalla parola Adhyaya, che significa “studio”. Pertanto il significato attribuito a questo Niyama e “studio di Sé”. In senso più ristretto, è tradotto anche come studio delle Scritture.

Lo studio dei grandi pensieri di coloro che hanno raggiunto e trovato la Verità stimola la comprensione interiore e accresce la consapevolezza del Sé Supremo. Però non è possibile giungere a qualsiasi affermazione solo in virtù di una semplice, anche se profonda, comprensione intellettuale; infatti è lo studio di sé, attraverso l’introspezione e l’autoanalisi, che si possono realizzare tali affermazioni, perché la Verità non è raggiungibile attraverso un’azione mentale, bensì attraverso l’intuizione che emerge da uno stato di assorbimento in Essa. Per determinare questo stato concentrato di assorbimento è di grande aiuto l’uso dei Mantra come la Gayatri o il Pranava (AUM). Essi armonizzano i veicoli inferiori della coscienza (Kosha o corpi), li rendono sensibili alle vibrazioni più sottili, ed infine determinano una fusione parziale tra la coscienza inferiore e quella superiore.


ISHVARA PRANIDHANA
E’ tradotto con “devozione totale al Supremo”, o “abbandono totale al Supremo”.

Il significatoYogico più razionale che si prefigge  l’ Iśvara praṇidhānā, è che mediante la devozione si libera la coscienza dal condizionamento dell’ego, si dissolvono le barriere che separano l’io individuale dall’Io Supremo e si riconosce l’esistenza e la realtà dell’unico e indifferenziato Io o Assoluto.

L’ Iśvara praṇidhānā è uno dei mezzi che lo Yoga ci fornisce per rimuovere il velo dell’ignoranza. Esso ha lo scopo di dissolvere l’Asmita mediante la fusione sistematica e progressiva della volontà individuale con la volontà di Iśvara, il Puruṣa  Supremo.

La fede in questo contesto rappresenta la forza motrice che aziona la volontà e l’aspirazione, e con l’aspirazione raggiungiamo, attraverso un giusto travaglio di purificazione, di comprensione, di compassione e di amore, la percezione della realtà dell’Atman Pranidhana, o Assoluto, a cui veramente ci dobbiamo consacrare.



Gli Yama e i Niyama rappresentano una condotta di vita in cui la legge dell’astenersi e dell’osservare sono continuamente correlate e inscindibili. Si può senza dubbio affermare che essi sono delle regole universali, vecchie e precise quanto il mondo, da acquisire come virtù naturali, indispensabili anche al di fuori delle concezioni Yoga, per chiunque desideri veramente vivere nella pienezza delle possibilità umane.

venerdì 31 marzo 2017

Cinque scuse comuni per non praticare Yoga

Lo yoga è per persone flessibili e magre
Al contrario, è lo yoga a renderti flessibile!  Molte volte si pensa allo yoga e ci si immagina contorsioni tanto impressionanti quanto impossibili per i più. Ma la verità è che lo yoga parte da esercizi molto semplici per arrivare progressivamente, dopo un certo periodo di pratica costante,  a posture via via più complicate ed impegnative. 
I libri, i video e le foto su Internet generano l'errata convinzione che questo è ciò che ci si aspetta da noi quando iniziamo a praticare Yoga. Ma occorre tenere a mente che ogni postura è un processo, che inizia  con esercizi di base, alla portata di tutti. Vedrete con quanta celerità si otterranno i primi soddisfacenti risultati!
La stessa risposta vale per la magrezza: lo Yoga migliora l'aspetto del tuo corpo, ma non è necessario partire con un corpo snello!
Lo yoga è per le persone anziane
Non ho mai capito da dove nasce questa convinzione, ma non è vera: così come è adatto alle persone anziane, essendo un esercizio gentile, non rischioso e dai grandi benefici, è altrettanto adatto a persone di tutte le età. Se conosci delle persone anziane che praticano lo yoga, vedrai quanto siano vitali e in salute. Ciò è probabilmente dovuto al modo in cui la scienza dello yoga spiega l'invecchiamento: un processo artificiale, indotto da noi stessi  per intossicazione. I metodi yoga hanno come scopo la pulizia del corpo da scorie e tossine, evitando il deterioramento delle cellule. Gli esercizi yoga aiutano a mantenere la colonna vertebrale forte e flessibile, riducendo gli acciacchi tipici della terza età.
Lungi dall'essere una pratica da "vecchi", lo yoga ti rende più giovane!
Yoga richiede di essere vegetariani o cambiare stile di vita
Lo Yoga non è un dogma o una religione, quindi non richiedere di diventare vegetariani o di lasciare le vostre abitudini  o stili di vita. 
Poiché originariamente lo yoga è un percorso spirituale, è normale trovare nelle scritture (Bhagavad Gita o Yoga Sutra ad esempio) o in alcune scuole di yoga tradizionali  delle osservanze e restrizioni (Yama e Niyama). Tuttavia le  scuole di yoga sono aperte a tutti e non impongono di cambiare le proprie abitudini di vita. I cambiamenti semmai avverranno spontaneamente man mano che si procede sul percorso di crescita personale.
Succede, ad esempio, che il corpo cominci richiedere un’alimentazione più nutriente, naturale e facile da digerire. Le buone abitudini cominciano a manifestarsi senza sforzo man mano che si procede nella pratica e i principi etici e di vita ti sembreranno un normale comportamento da seguire. 
Lo yoga è per hippies
Storicamente la scoperta dello yoga in Occidente ha avuto luogo negli anni sessanta e settanta, nel contesto di sconvolgimenti politici e sociali e nell'ambito di movimenti di controcultura, che mettevano in discussione le istituzioni tradizionali. Ma lo yoga non ha una posizione politica o anti-religiosa. Non associa la libertà all'edonismo, né l'espansione della coscienza con l’uso di sostanze stupefacenti. Al contrario, trattandosi di una disciplina, i suoi fondamenti sono diametralmente opposti a quelli degli hippies.  Gli Yogi non necessariamente vivono al di fuori della società, anche se di solito cercano strade alternative a quelle proposte dalla società consumistica moderna.
Lo Yoga è un antico sistema che può essere praticato da chiunque, al fine di disciplinare la mente, il corpo e la volontà. Si tratta di un metodo scientifico e spirituale molto antico che richiede sforzo e rigore, ma che regala una vita ordinata, produttiva, focalizzata, armoniosa e sana. 
Chi sceglie questa strada come scelta di vita, deve essere pronto ad affrontare molti cambiamenti contrari agli eccessi, all’indulgenza e alla mancanza di struttura.
Lo Yoga e il movimento Hippie condividono alcuni principi quali l'amore, il distacco materiale, il rispetto per la natura e per la pace, che a mio avviso sono principi belli e necessari, ma non per questo devono essere confusi.

Dieci ragioni per praticare Yoga


Il viaggio nel mondo dello Yoga è eccitante ed  immensamente gratificante. Gli effetti della pratica regolare sono intensi e meravigliosi. In genere, gli effetti positivi si notano molto rapidamente. Il primo è un miglioramento della flessibilità, tono muscolare e fitness in generale. In seguito si esperimentano altri benefici ancora più sorprendenti.


Ecco dieci buoni motivi per praticare le tecniche Yoga con fiducia:
1. Lo Yoga aiuta a mantenere, ripristinare e migliorare la salute fisica. 
Lo Yoga è un anti-stress divertente. Attraverso il rilassamento, le posture, la respirazione, la meditazione e la dieta corretta, lo Yoga riduce efficacemente lo stress e l'ansia della vita moderna. Inoltre, migliora il sistema immunitario, aiutando in questo modo a prevenire le malattie o,  se si è malati, facilitando il recupero. Recenti ricerche dimostrano che lo Yoga è molto efficace contro i casi di ipertensione, diabete, problemi respiratori come l'asma, disturbi del sonno, mal di testa cronico e mal di schiena. Lo Yoga può migliorare la funzione cardiovascolare, la digestione, la visione e anche fornire un certo controllo sul dolore.
2. Lo Yoga aiuta a rimettersi in forma e aumenta l'energia. 
La pratica costante  aiuta a rilassare il corpo e la mente permettendo di ottenere tutta l'energia necessaria per affrontare le sfide della vita quotidiana. Viene migliorata notevolmente la flessibilità, la forza e l'equilibrio.
3. Lo Yoga aiuta a coltivare l'equilibrio mentale . 
Esercita una profonda influenza sulla mente attraverso il sistema ormonale. La pratica dello Yoga fornisce risultati migliori rispetto a qualsiasi tranquillante , senza gli effetti collaterali indesiderati. Fornisce equilibrio e chiarezza mentale senza disturbare la mente. Con lo Yoga si può rimanere allo stesso tempo vigile e rilassato.
4.  Lo Yoga è un potente aiuto per la crescita personale. 
Lo Yoga aiuta a scoprire il potenziale nascosto del corpo. Il corpo è uno strumento meraviglioso, ma si deve suonarlo in modo corretto per creare melodie belle e armoniose. Lo Yoga permette l'accesso sicuro per l'esplorazione degli aspetti nascosti della mente, in particolare gli stati più elevati di coscienza. Progressivamente scompaiono idee sbagliate su di te e sulla vita in generale.
5.  Lo Yoga è un sistema completo ed integrale. 
Lo Yoga offre uno stile di vita orientato verso la crescita personale che copre tutti gli aspetti dell'esistenza. Il suo repertorio include tecniche per la salute fisica e mentale ottimale, per far fronte alle sfide della quotidianità  e per migliorare e trasformare la vita sessuale. Lo Yoga ti fa sentire a tuo agio con il tuo corpo, migliora l'immagine e l'autostima, aumenta il potere di concentrazione e la memoria. In ultima analisi, lo Yoga aiuta a scoprire l'essenza spirituale del praticante, liberandolo dalla paura e da altre emozioni e pensieri limitanti.
6.   Lo Yoga migliora le relazioni sociali. 
Lo Yoga può migliorare le relazioni con familiari, amici e colleghi di lavoro, fornendo una nuova visione della vita. Esso aiuta a sviluppare la pazienza, la tolleranza, la compassione e il perdono. Attraverso le sue tecniche è possibile eliminare ossessioni  ed abitudini indesiderate. Lo Yoga ci insegna a vivere in pace con tutti. Fornisce tutto il necessario per armonizzare e abbellire la vita.
7.   Lo Yoga aumenta la consapevolezza. 
Con lo Yoga può migliorare notevolmente la propria consapevolezza. Lo Yoga rende il praticante più sensibile ai ritmi del corpo e alle sensazioni dei sensi, sviluppando anche la facoltà intuitiva (Il sesto senso). Ma principalmente lo Yoga mette in contatto con la propria realtà spirituale,  fonte primaria della mente e della coscienza.
8.   Lo Yoga può essere combinato con altre discipline . 
Anche se lo Yoga è completo in se stesso, può essere facilmente abbinato a tutti i tipi di sport, anche a esercizi opposti come l'aerobica o il sollevamento pesi.
9.   Lo Yoga è facile e conveniente. 
Lo Yoga si può praticare ovunque, anche nella comodità della propria casa. Si consiglia tuttavia ai principianti di frequentare le lezioni di un maestro qualificato. Lo Yoga praticato con consapevolezza è libero da ogni sforzo doloroso e, anzi, permette di superare tutte le forme di sofferenza (yoga terapia).
10.  Lo Yoga è liberazione. 
Lo Yoga connette con la propria vera natura, fornendo  una sensazione di pienezza, di arricchimento interno e di fiducia. Riducendo l’egoismo e i pensieri ed emozioni negativi , lo Yoga ti avvicina alla felicità eterna (qualunque sia il significato che vogliamo dare a questo termine e qualunque sia il proprio credo religioso). Sviluppa la tua forza di volontà e ti rende responsabile della tua vita.

giovedì 30 marzo 2017

I Chakra

Secondo la visione indiana e più prettamente yogica, il corpo umano è attraversato da circa 72.000 canali trasportatori di energia (Nadi) che partono dalle dita dei piedi e delle mani, percorrono l'intero organismo e arrivano al cuore, centro della spiritualità, e da qui salgono sino al vertice del capo, centro di congiunzione tra il corpo fisico e l'universo circostante.


Il complicato sistema delle Nadi, una sorta di rete sottile di canali (in sanscrito nadi significa letteralmente "vena", "canale"), ha la funzione di collegare e convogliare le diverse energie vitali, attraverso le parti del corpo umano e i vari centri sottili (chakra) del corpo umano.

chakra sono i centri della nostra attività psicofisica. I chakra trasformano il prana, l'energia cosmica, in energia individuale, in attività organica, fisica, emotiva e mentale. La conoscenza di questi centri è molto importante nella pratica dello Yoga, giacché sia gli Asana che i Prāṇāyāma sono pratiche che mirano alla stimolazione e al riequilibrio delle funzioni dei chakra. Il nostro equilibrio psicofisico dipende dal funzionamento armonico dei chakra.
Il modo migliore di conoscere i chakra è quello di farne esperienza attraverso la pratica dello Yoga: sapere che esiste un determinato chakra, che si chiama in un determinato modo, si colloca in una determinata parte del corpo e governa determinate funzioni psicofisiche, senza poterlo percepire direttamente, non serve.

Qui di seguito vengono illustrati i chakra principali, i chakra periferici degli arti, la dimensione ultra-cosciente del Cielo e la dimensione sub-cosciente della Terra.
Il Cielo è la sede del Puruṣa, lo Spirito Supremo. Per l'uomo rappresenta anche la dimensione ultra-cosciente, ovvero il piano della Coscienza Sovra-mentale illuminata dallo
Spirito.
La Terra è la sede della Prakṛtī, la Natura. Rappresenta la dimensione materiale dell'universo. Per l'uomo la Terra rappresenta anche la dimensione del subcosciente, ovvero della consapevolezza rifiutata, rimossa, ad opera dell'essere mentale, dalla sfera della coscienza individuale.

I sette chakra principali si trovano lungo la colonna vertebrale, all'intersezione tra le tre principali Nadi (Sushumna, Ida Pingala). Essi sono:

Sahasrāra (il "loto dai mille petali"): È l'apertura attraverso la quale l'uomo è posto in contatto con il Cielo. Attraverso questa apertura discendono nell'uomo i poteri del Cielo come, per esempio, la fede, e attraverso quest'apertura la coscienza dell'uomo sale al Cielo per ricevere l'illuminazione e venire trasformata in Coscienza Universale. 
Il colore che corrisponde al Sahasrāra è il lilla.

ājñā-chakra (il Terzo Occhio): È il chakra rappresentatore. In questo chakra l'energia della vita si trasforma in pensiero e in volontà cosciente, dunque è in questo chakra che si costruisce la nostra interpretazione mentale del reale fondata sul senso dell'individualità.
Finché questo chakra resta in prevalenza chiuso, noi non possiamo vedere altro che la nostra raffigurazione mentale del reale e perciò rimaniamo prigionieri di Māyā,  il mondo dell'illusione creato dalla nostra mente. Solo quando il Terzo Occhio si apre, acquisiamo il potere del corretto discernimento (viveka) attraverso il quale possiamo distinguere il mondo dell'illusione dalla vera realtà.
Nel piano fisico questo chakra controlla il nostro sistema nervoso centrale e periferico.
Il colore del chakra è bianco puro oppure bianco leggermente dorato. 
Il bìja-mantra, ovvero la vibrazione sonora che corrisponde a questo chakra, è OM.
Sede del chakra nell'involucro fisico: ghiandola pineale.
Punto del corpo sul quale ci si deve concentrare per contattare il chakra: centro tra le sopracciglia.

Viśuddha-chakra: È il chakra di relazione. In questo centro, tutte le energie, trasformate negli altri centri in pensieri, emozioni, sentimenti, vengono rielaborate in modo tale da poter essere rese manifeste e comunicabili agli altri. Con questo chakra noi recepiamo tutti i messaggi verbali che ci provengono dall'esterno.
Nel piano fisico questo chakra controlla il processo della respirazione polmonare.
Il colore del chakra è blu.
Il bija-mantra è HAM.
Sede del chakra nell'involucro fisico: tiroide.
Punto del corpo sul quale ci si concentra: cavità della gola.

Anāhata-chakra: È il chakra sublimatore. In questo centro i desideri e le emozioni che si generano nel Maṇipūra-chakra vengono sublimati. Nel piano fisico questo chakra controlla l'apparato cardiocircolatorio.
Colore: acquamarina, tra il verde e l'azzurro.
Bija-mantra: YAM.
Sede del chakra nell'involucro fisico: plesso cardiaco.
Punto del corpo sul quale ci si concentra: centro del torace.

Maṇipūra-chakra. È il chakra formatore. Questo chakra dà molteplici forme particolari,
che corrispondono ai vari desideri dell'essere vitale, alla vibrazione che nello  Svādhiṣṭhāna-chakra viene conferita all'energia vitale. Nel piano fisico questo chakra controlla tutti i processi di trasformazione e assimilazione del cibo.
Colore: giallo.
Bija-mantra: RAM.
Sede del chakra nell'involucro fisico: plesso solare.
Punto del corpo sul quale ci si concentra: ombelico.

Svādhiṣṭhāna-chakra. È il chakra motore. Questo chakra fornisce all'energia vitale, che a livello del Mūlādhāra-chakra è come l'acqua calma di un lago, la potente vibrazione che è all'origine dell'essere vitale. Questa vibrazione originaria corrisponde al desiderio di vita e all'istinto sessuale. Nel Maṇipūra-chakra il desiderio che fa vibrare l'energia viene riprodotto, moltiplicato in un'infinità di desideri secondari e di emozioni.
Nel piano fisico questo chakra controlla le funzioni degli organi sessuali.
Colore: rosso chiaro.
Bija-mantra: VAM.
Sede del chakra nell'involucro fisico: plesso pelvico.
Punto del corpo sul quale ci si concentra: organi sessuali.

Mūlādhāra-chakra È il chakra fondamento. Questo centro, nel quale si genera l'impulso della fame e della sete, controlla il passaggio dell'energia della Terra attraverso il canale-uomo.
Esso è l'apertura attraverso la quale l'energia della Terra informa l'uomo e, contemporaneamente, è la porta oltre la quale l'uomo getta tutte quelle energie, quelle informazioni che vuole dimenticare, che sceglie di rimuovere dalla propria consapevolezza.
Nel piano fisico questo chakra controlla il processo dell’'alimentazione.
Colore: viola oppure rosso molto scuro. Noterete che tra il viola di questo chakra e il lilla del Sahasrāra c'è solo una differenza di luminosità: il lilla è un viola più carico di bianco. Anche questo conferma che il Cielo e la Terra, l'Ultra-cosciente e il Subcosciente, lo Spirito e la Materia, ciò che rifiutiamo e ciò verso cui tendiamo hanno la medesima origine, di fatto sono la stessa cosa che si proietta ugualmente nell'oscurità e nella luce.
Bìja-mantra: LAM.
Sede del chakra nell'involucro fisico: plesso pelvico come per lo Svādhiṣṭhāna (infatti questi due chakra sono strettamente legati l'uno all'altro).
Punto del corpo sul quale ci si concentra: perineo.

Chakra dei piedi o chakra radici. Sono legati al Mūlādhāra chakra in uno stretto rapporto di interdipendenza. Controllano il contatto con la Terra. Se sono aperti, vi è un buon contatto con la Terra e ciò influisce positivamente sul Mūlādhāra -chakra che è sollecitato ad aprirsi e ad accogliere energia. D'altro canto, lo sviluppo di un buon contatto con la Terra favorisce l'apertura del Mūlādhāra - chakra.
Colore: nero.
Bìja-mantra: SO.
Sede dei chakra nell'involucro fisico: piante dei piedi.

Chakra delle ginocchia o chakra radici. Valgono le stesse cose dette per i chakra dei piedi, in quanto questi chakra e quelli dei piedi sono così legati tra loro da poter essere considerati quasi come un unico centro.
Colore: marrone.
Bija-mantra: PAH.
Sede dei chakra nell'involucro fisico: centro delle ginocchia.

Chakra dei gomiti o chakra fiore. In questi centri l'energia della Terra, unendosi a quella del Cielo, si trasforma in azioni. I pensieri generati nell' ājñā -chakra, i sentimenti nati nell'Anāhata -chakra, qui vengono rielaborati per divenire azioni.
Colore: verde.
Bija-mantra: SO.
Sede dei chakra nell'involucro fisico: centro dei gomiti.

Chakra delle mani o chakra frutto. Valgono le stesse cose dette per i chakra dei gomiti.
Anche questi chakra, infatti, sono così legati tra loro da poter formare quasi un unico centro energetico.
Colore: arancione.
Bija-mantra: HAM.
Sede dei chakra nell'involucro fisico: palmi delle mani.



Ciò che si manifesta negli ultimi quattro chakra non è che la conseguenza di ciò che è maturato nei primi sei: ecco perché i cinque chakra del tronco e il chakra della testa sono considerati i chakra principali. Tuttavia, se l'energia viene trattenuta nei sei chakra centrali, diviene difficile produrre dei risultati su questo piano materiale dell'esistenza nei quale noi ci troviamo in quanto esseri incarnati. In altre parole possiamo nutrire grandi e positivi progetti ma ci è difficile realizzarli. Inoltre estendere in modo equilibrato l'energia nei chakra periferici, ovvero nei chakra degli arti, contribuisce all'apertura dei chakra centrali. Una situazione nella quale l'energia è trattenuta nei chakra centrali non è equilibrata e favorisce il consolidarsi e il moltiplicarsi dei blocchi energetici.

Che cos'è lo Yoga?

Lo Yoga è una disciplina millenaria basata su un sistema armonico di sviluppo del corpo, della mente e dello spirito, recuperando l’essenziale unità con il divino. La parola Yoga infatti significa letteralmente "unione" e deriva dalla radice Sanscrita "yuj" , che indica l'unione fisica e spirituale di entità opposte. Ma se c'è un altro concetto che definisce l'essenza dello yoga, questo è l'equilibrio. Lo Yoga porta equilibrio nella nostra vita, condizione necessaria affinché il corpo fisico ed il corpo sottile, che identifica l'anatomia yogica, siano liberi da blocchi e funzionino al massimo delle loro capacità. 

Lo yoga nacque in quella che oggi è l'India, più di 5000 anni fa, come scienza della vita per preservare la salute fisica, raggiungere l'equanimità mentale ed emozionale e per dare una risposta a questioni filosofiche universali,  come la verità circa l'esistenza e l'universo, l’origine della sofferenza e la via per raggiungere la felicità, intesa come stato interiore. Per secoli si è sviluppato come un sistema psicologico, medico e spirituale.

Usiamo il termine Yoga per definire un insieme di pratiche, quali le posture (asana), la meditazione, la respirazione (pranayama), kriya (purificazione), mudra (sigilli di energia), kirtan (canti), mantra, e altri rituali. Ma lo Yoga (inteso come medicina olistica che induce processi di guarigione naturale e la salute dell’anatomia fisica e spirituale, come sistema psicologico e filosofico che cerca il benessere e la pace della mente) comporta uno stile di vita che comporta il rispetto di linee guida etiche, principi di vita e regimi di alimentazione. In questo senso, diciamo che lo Yoga è una disciplina. Lo yoga è sia percorso che fine, dal momento che questa disciplina si propone appunto lo “yoga”: la riunificazione con la nostro essere  trascendente. Questo è ciò che in alcune tradizioni è definito come illuminazione, liberazione o moksha: il superamento della nostra identità individuale limitata e l'unione con la saggezza, l'immortalità e la beatitudine della coscienza universale. Tornare a essere quello che già siamo, ma che abbiamo dimenticato: pura esistenza. Per la tradizione spirituale dello Yoga, evoluzione spirituale significa superare l'ignoranza della nostra essenza divina. Questa coscienza universale (che alcuni interpretano come Dio) è l'unica verità e l'unica cosa che veramente esiste.


Una delle pratiche centrali dello Yoga praticato attualmente, specialmente nel mondo occidentale, sono gli Asana, le posture. Tant’è vero che normalmente si usa erroneamente la parola Yoga come sinonimo di posture dell’Hatha yoga. 

A questo proposito è importante fare due precisazioni.
Da un lato, lo Yoga è molto di più rispetto alla pratica fisica degli Asana (considerate addirittura di minore importanza in alcuni tipi di Yoga). Nella Bhagavad Gita, testo sacro dell’Induismo, si parla di quattro principali percorsi di yoga, di cui uno solo (Raja Yoga) fa riferimento alle posture. Negli Yoga Sutra, Patanjali definisce lo Yoga come metodo composto da 8 componenti (da qui il concetto di Ashtanga, che significa otto rami), uno dei quali sono gli Asana. 
Dall’altro lato, anche l’Hatha Yoga, lo Yoga degli Asana per eccellenza, è molto più della pratica delle posture: include tradizionalmente il Pranayama (esercizi di respirazione e la respirazione consapevole e meditativa, per il controllo mentale, l’ossigenazione delle cellule e il potenziamento del flusso del prana o energia vitale), i Kriya (le tecniche di purificazione del corpo), i Bandha (fissaggi posturali per contenere e canalizzare l’energia vitale nel corpo) , mudra (posizioni del corpo, specialmente delle mani, che provocano processi vibratori energetici nell'uomo).


Qualcuno interpreta lo yoga come una maniera di lavorare il corpo, altri praticano lo yoga per trascendere lo stesso; alcuni seguono lo yoga come una disciplina rigorosa e ascetica, altri  lo vivono come una via di espansione verso l’amore e l’allegria; c’è chi approda allo Yoga perché afflitto da dolori fisici, e chi ha scoperto un meraviglioso cammino verso la consapevolezza e il risveglio spirituale.

Si potrebbe dire che lo Yoga è tutto questo e molto di più. Ha una tale varietà di scuole e interpretazioni che qualunque spazio per parlarne ne risulterebbe necessariamente limitato.

Ci sono opinioni diverse circa quali siano gli aspetti principali di questo sistema filosofico e scientifico. Alcuni dicono che sia la meditazione, altri la respirazione, altri ancora che occorre cominciare col corpo, per poi trascenderlo. I testi tradizionali hanno diverse possibili letture. Patanjali ha raccolto le tecniche in un sistema di otto rami (ashtanga yoga), tutti ugualmente importanti. La Bhagavad Gita ha parlato di controllo della mente e del corpo, l'amore attivo, la conoscenza e il lavoro disinteressato (Karma Yoga). Tutti tuttavia conducono allo stesso percorso. Sono approcci diversi e complementari verso uno stesso obiettivo: l'evoluzione dell'essere.


Lo Yoga è adatto a tutti, senza distinzione di età o di stato fisico. E' indipendente dalle credenze religiose, poiché non è un dogma o una religione, anche se ha elementi in comune con alcune tradizioni religiose. Si potrebbe dire che si tratta di un sistema psicologico, filosofico e scientifico. Lo Yoga ci aiuta a mettere a fuoco, a centrarci, a rafforzare la forza di volontà, a regolare i processi metabolici, ad aumentare l'agilità e l'elasticità, a disintossicare il corpo, a rivitalizzare ogni organo, a restare sempre giovani. La salute è nelle nostre mani, così come la gioia, il godimento e la crescita spirituale.