mercoledì 15 gennaio 2020

Ashtanga Vinyasa Yoga secondo l’insegnamento tradizionale di Sri Krishna Pattabhi Jois. Parte Terza: Ujjayi, Bandha e Dṛṣṭi.

Respirazione Ujjayi

Il principio di base del cosiddetto respiro vittorioso, è che l'aria entri ed esca dal corpo attraverso il naso, mentre il suono non dovrebbe provenire dalle narici, bensì dalla gola.
Questo si ottiene chiudendo leggermente la glottide. E’ il passaggio dell’aria forzata attraverso la glottide a produrre il suono ujjayi, un suono simile a quelle delle onde del mare. La durata dei due atti respiratori dovrebbe essere uguale (non dobbiamo infatti confondere questa tecnica con l’omonimo esercizio Ujjayi pranayama). La corretta esecuzione di questa tecnica, riscalda e umidifica l’aria che entra nei polmoni e rafforza il diaframma.
Si dice che gli yogi possano sciogliere la neve usando la respirazione Ujjayi.  In effetti questa tecnica produce calore ed energia, una forza calma ma stabile che si sviluppa dentro il praticante permettendogli di affrontare sfide potenzialmente impossibili a livello fisico con estrema facilità.
Solo ad un livello superficiale, i muscoli trasportano lo Yogi attraverso l’aria. Tuttavia è il respiro che fornisce la necessaria prana (energia) all’esecuzione degli asana. E’ per questo motivo che spesso l’Ashtanga è definito lo “Yoga del Respiro”.

Bandha
Come attraverso i due poli di una pila scorre l’energia, i bandha conducono il respiro attraverso il corpo, lavorando contro la forza di gravità e ottenendo leggerezza. 
I Bandha sono è uno dei paradossi che incontriamo nell’Ashtanga. Benché Bandha significhi "blocco" o "sigillo", il risultato di attivare un bandha è quello di far uscire l'energia nascosta della forza vitale (prana) e di dirigere questo flusso pranico attraverso la rete di 72.000 nadi (canali energetici) del corpo sottile. Imparare a controllare i bandha incrementa il prana e dall'integrazione con il respiro ujjayi si realizza un’alchimia interna. Quando questa alchimia funziona correttamente, l'asana si svela dal corpo interno e il corpo esterno riflette ciò che è stato creato all'interno.

Mula Bandha e Uddiyana Bandha sono le due valvole più importanti nell’Ashtanga Yoga.
Mula Bandha è il bandha della radice (Mula in sanscrito). Esso opera su tutto il ciclo respiratorio, ma soprattutto alla fine della piena espirazione contraendo leggermente i muscoli dello sfintere anale che spostano l'intera regione genitale, compreso il perineo, verso l'interno e verso l'alto. Questa azione di sollevamento del pavimento pelvico è responsabile del supporto interno degli organi digestivi inferiori.
Uddiyana Bandha: Questo è il più dinamico dei bandha, e potrebbe essere tradotto come "volo verso l'alto." Poiché bandha uddiyana si relaziona direttamente al funzionamento del diaframma, svolge un ruolo cruciale nello sviluppo della respirazione ujjayi. Durante l'espirazione, il diaframma si rilassa e si sposta verso l'alto, verso i polmoni per espellere l’aria mentre i muscoli intercostali interni tirano la gabbia toracica verso il basso per completare l'azione. Il risultato è che la parete addominale si ritrae per contenere e proteggere gli organi interni e la parte inferiore della schiena.
Questo controllo addominale fornisce una piattaforma, o base, per il prossimo respiro. Mentre il diaframma si flette verso il basso, i muscoli intercostali esterni sollevano la gabbia toracica, espandendo la regione del torace per consentire che i polmoni raggiungano la loro massima capacità di assorbire aria. Questa è l'azione fisica di Uddiyana bandha, che, una volta perfezionato, è anche un controllo sottile che si traduce in "immobilità" nel basso addome.
Mula Bandha è legato all’espirazione, Uddiyana Bandha all’inspirazione. Entrambi i bandha rimangono quindi continuamente attivati durante l’intera pratica. Ciò è molto difficile da ottenere (e in effetti spesso ci si dimentica), specialmente all’inizio della pratica. Ecco perché accorgersi di essersi dimenticati di attivare i bandha può essere già considerato un successo! Con la pratica i bandha diventeranno un accompagnamento costante della pratica.
Jalandhara Bandha, chiusura del mento, è il terzo bandha e viene attivato spontaneamente durante alcuni asana a causa del drsti e della posizione della testa. Adho Mukkha Svanasana è l’asana migliore per sperimentare questo bandha: per realizzare il corretto Dṛṣṭi (l’imbelico in questo caso) è infatti necessario comprimere il mento contro il petto.
Questo blocco impedisce che l'energia pranica si disperda e trattiene ogni pressione che potrebbe essersi accumulata in testa durante la ritenzione del respiro.

Dṛṣṭi
Dṛṣṭi è un termine sanscrito che nello yoga significa “direzione dello sguardo”. Ogni asana contiene un punto di osservazione specifico.  Non si tratta però semplicemente di guardare il punto indicato, ma di rivolgere la propria attenzione verso un punto “passando per gli occhi” e di non permettere allo sguardo di disperdersi.
Esistono nove Dṛṣṭi:
  • Nasagre (punta del naso)
  • Bhrūmadhye  (in mezzo alle sopracciglia, terzo occhio)
  • Nābhicakre  (ombelico)
  • Angusthamadhye (pollice)
  • Hastagrahe  (mano)
  • Padahayoragrai (alluce)
  •  Parsva Dṛṣṭi (orizzonte a destra)
  • Parsva Dṛṣṭi (orizzonte a sinistra)
  • Urdhva Dṛṣṭi / Antara Dṛṣṭi (verso l’ alto)


Attraverso la disciplina imposta dal Dṛṣṭi, la mente è concentrata e gli studenti imparano a guardare "verso l'interno".

Tristana
 La vera essenza del Vinyasa si realizza quando si raggiunge lo stato detto Tristana, ossia  l'unione dei tre principali obiettivi di Ashtanga Yoga: la sincronizzazione avanzata di respiro e movimento, Bandha e Dṛṣṭi.
Questa unione porta al raggiungimento della dimensione spirituale nella pratica dell’ Ashtanga yoga.
“Lo Yoga é ciò che non puoi vedere. I vigorosi movimenti dell’Ashtanga sono solo la superficie esteriore di un viaggio spirituale interiore. Dietro la forza del corpo, esiste un’energia, che é spirituale e che ci mantiene in vita. Per poter accedere alla spiritualità, bisogna prima capire la fisicità. Il corpo è il nostro tempio e in questo tempio si trova Atman – Dio." - Sri K. Patthabi Jois
Quando questa unione fiorisce, una potente onda di fluidità ed eleganza emerge dalla pratica, e l’alchimia risultante rivela le energie dei cinque elementi:
  • Terra: mula bandha che produce base di sostegno, stabilità e resistenza. 
  • Acqua: la fluidità del Vinyasa che produce sudore. 
  • Aria: La respirazione  Ujjayi e i bandha che forniscono l'agilità.
  • Fuoco: Agni, il fuoco purificatore prodotto dalla pratica. 
  •  Etere: il sottile prana onnipervadente


Tristana si ottiene attraverso la pratica costante : solo così si ottiene la familiarità necessaria per eseguire transizioni e posture in forma sottile, naturale ed elegante.

Conclusione
La caratteristica che davvero distingue l'Ashtanga Yoga dalle altre varianti praticate oggi è il suo sistema unico di movimento eseguito in sequenze di posture (asana), che generando calore produce sudore. Il sudore depura, purifica e libera le tossine trattenute negli strati adiposi del corpo.
Mano a mano che si approfondisce la pratica, anche le tossine trattenute negli strati più profondi del tessuto muscolare e degli organi interni vengono rilasciate. Ciò aiuta a mantenere un corpo sano, tonico e flessibile.
Il potere del respiro è la chiave di questo sistema e perciò non va sottostimato.
L’applicazione delle tecniche di respiro, dei bandha e del Dṛṣṭi dà origine agli aspetti fisici e meditativi propri dell’Ashtanga.
Il respiro energizza, calma e aiuta a meditare. Il suo suono e il suo ritmo sono molto poderosi e permettono alla mente di ritrarsi in se stessa e, al contempo, di unirsi al corpo.
La pratica stessa diventa quindi una meditazione in movimento, anche se questo è vero quando tutti gli aspetti della disciplina si fondono in armonia .

E' essenziale non perdere di vista l'essenza dello Yoga, l’essenza dell’Ashtanga: un cammino fatto di otto passi.

In Occidente la pratica dello Yoga si concentra sulle posture (asana) e non considera i principali aspetti che differenziano lo Yoga dalla comune educazione fisica. E’ attraverso gli otto passi del Raja Yoga che noi praticanti occidentali possono beneficiare come individui e come società  degli aspetti più fecondi della millenaria tradizione Indiana.

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