mercoledì 3 maggio 2017

Yoga Sūtra di Patañjali

Yoga e il Sāṃkhya, due dei sei darśana dell'induismo, hanno come fine quello di voler liberare l'uomo dalla sofferenza insita nella condizione umana e quindi dal ciclo delle rinascite.
Il Sāṃkhya afferma che a tale scopo sia sufficiente la conoscenza metafisica, il riconoscere cioè che esistono due principi ultimi, la materia e lo spirito, e che questi sono in realtà distinti fra loro, essendo lo spirito spettatore puro e passivo delle dinamiche della materia, materia che è ciò di cui siamo fatti, mente e corpo.
Patañjali ritiene invece insufficiente la sola conoscenza, e nei suoi Yoga Sūtra espone una tecnica psico-fisiologica il cui fine è quello di superare gli stati ordinari della coscienza, per realizzare uno stato soggettivo che è sia extrarazionale sia sovrasensoriale (Samādhi), grazie al quale ottenere la liberazione (mokṣa).

Lo Yoga Sūtra ("Aforismi sullo Yoga") di Patañjali è un testo filosofico indiano risalente II secolo d.C., ritenuto fondamentale nello Yoga darśana, uno dei sei sistemi ortodossi dell'induismo.
L'opera consiste in una raccolta di 196 aforismi, ovvero brevi e significative frasi concepite per essere memorizzate con facilità, come era costume presso i maestri hindu, ove la tradizione orale era il mezzo principale per condividere e tramandare la conoscenza.
Il testo è suddiviso in quattro sezioni (pāda):


  • Samādhi Pāda: in cui viene introdotto e illustrato lo Yoga come mezzo per il raggiungimento del samādhi, lo stato di beatitudine nel quale, sperimentando una differente consapevolezza delle cose, si consegue la liberazione dal "ciclo delle rinascite" (saṃsāra).
  • Sādhana Pāda: in cui vengono descritti il Kriyā Yoga (lo "Yoga dell'agire", noto anche come Karma Yoga) e l'Aṣṭāṅga Yoga (lo "Yoga degli otto stadi", noto anche come Raja Yoga, lo "Yoga regale").
  • Vibhūti Pāda: in cui si prosegue con la descrizione delle ultime fasi del percorso yogico, e vengono esposti i "poteri sovraumani" (vibhūti) che è possibile conseguire con una pratica corretta dello yoga.
  • Kaivalya Pāda: in cui viene descritto il modo di ottenere la liberazione attraverso Kaivalya, ossia la "separazione" fra spirito (puruṣa) e materia (prakṛti).

Analizziamo ora alcuni dei versetti più significativi dei primi due capitoli.

Punti principali del Samādhi Pāda 

Che cos'è lo Yoga?

(I.2) Yogaś-citta-vṛtti-nirodhaḥ 
In queste poche parole, semplici e concise, troviamo la sintesi dell’intero insegnamento yogico: 
Yoga è l’Acquietamento (o canalizzazione) delle Fluttuazioni Mentali.
Lo yoga cioè si consegue soggiogando la natura psichica e raffrenando i vortici (vṛtti) della mente.



Le 5 vṛtti principali sono: pramāna (giusta conoscienza), viparyaya (errata conoscienza), vikalpa (fantasia o immaginazione), nidrā (sonno), smritayah (memoria).

Queste modificazioni, alterazioni provocano delle onde di pensiero dalle quali scaturiscono le distrazioni e le illusioni che provocano agitazione, frustrazione, delusione e dolore.

Come raggiungere lo Yoga

(I.12) Abhyāsa-vairāgya-ābhyāṁ tan-nirodhaḥ
I due pilastri della sadhana (pratica) sono Abhyasa e Vairagya: Abhyasa è esercizio costante e ininterrotto, Vairagya è il distacco, il non attaccamento.
Attraverso l’esercizio costante e il non attaccamento si può raggiungere il Samadhi, fine ultime dello Yoga.

Approccio devozionale
Patañjali fornisce un’ulteriore via per raggiungere il Samadhi: il completo e totale abbandono all’Īśvara 

(I.23) Īśvara-praṇidhāna vā
 L’Īśvara  è un puruṣa particolare, non coinvolto nella sofferenza (klesa), né dalle azioni sostenute dalla sofferenza (karma), né dalle conseguenze di queste azioni.
L’espressione che lo contraddistingue è Om:

(I.27) Tasya vacakah pranavah
La sua ripetizione (japa) ne rende manifesto il significato, rende consapevoli. Questa energia che ci fonda può essere percepita, nel sentire non duale profondo, che nasce dalla pratica del mantra che lo designa. Gli ostacoli scompaiono e la coscienza si interiorizza.


Gli ostacoli sulla via per raggiungere il Samadhi

(I.30)Vyadhi-styana-samsaya-pramadalasyavirati-bhranti-darsanalabdhabhum ikatvanavasthitavani citta-viksepas te 'ntarayah
Gli ostacoli che causano la dispersione della coscienza sono : malattia (vyadhi), l’inerzia (styana), il dubbio (samshaya), la depressione (pramada), la pigrizia (alasya), l’iperattività (avirati), l’errata percezione (bhrantidarsana), l’instabilità (an-avasthitatva), inabilità a raggiungere alti obiettivi ( Alabdha bhumikatva).


Punti principali del Sādhana Pāda 

Kriya Yoga e kleśa
Patañjali indica nella pratica del Kriya Yoga il percorso per ridurre la miseria e le afflizioni (kleśa) e condurre al Samadhi

(2.1) Tapah svadhyaya Īśvara-praṇidhāna kriya-yogah
Lo yoga dell’azione (Kriya Yoga) è costituito dalla volontà cosciente (Tapas, motivazione), dall’auto-conoscenza (Svadhiyaya, lo studio di sé, ma anche dei testi), l’abbandono al tutto (Īśvara-praṇidhāna).

(2.3) Avidya asmita raga dvesha abhiniveshah kleshah kleśah
Le cause del dolore, della sofferenza (kleśa,maculazioni, ciò che macchia la coscienza) sono l’ignoranzanza (avidya), l’ego (asmita), il desiderio (raga), l’avversione (dvesa), l’attaccamento al vivere (abhinivesa, la paura della morte).

(2.4) Avidyā kṣetram-uttareṣām prasupta-tanu-vicchinn-odārāṇām
L’ignoranza è la fonte (la radice, la causa) della sofferenza (kleśa) sia essa dormiente, attenuata, intermittente o pienamente attiva.

(2.12) Kleśa-mūlaḥ karma-aśayo dṛṣṭa-adṛṣṭa-janma-vedanīyaḥ
L’accumulo di azioni (Karma) ha la sua radice negli stati mentali di sofferenza (kleśa) . Lo si sperimenta nella vita attuale e in quelle future.

(2.16) Heyaṁ duḥkham-anāgatam
Si deve evitare la sofferenza futura.

Causa della sofferenza
Come già abbiamo visto nella filosofia Samkhya, Patañjali individua come causa della sofferenza la sovrapposizione (Samyoga) tra Puruṣa e Prakṛti.

(2.17) Draṣṭṛ-dṛśyayoḥ saṁyogo heyahetuḥ
Ciò che si deve evitare è la sovrapposizione (l’identificazione) della coscienza (puruṣa) con la “cosa” vista (prakṛti).

La via d’uscita dalla sofferenza

(2.25) Tad-abhābāt-saṁyoga-abhāvo hānaṁ taddṛśeḥ kaivalyam
Quando l’ignoranza scompare, cade la confusione e si ha la liberazione della coscienza. (kaivalyam)

(2.26) viveka-khyātir-aviplavā hānopāyaḥ 
 Il mezzo per ottenere la scomparsa della confusione è usare in modo incessante la consapevolezza discriminante.

Ashtanga Yoga
Praticando i rami dello yoga, si distruggono le impurità, sorge la luce di una nuova conoscenza che culmina nella consapevolezza discriminante (viveka-khyati) di ciò che è.

(2.29) yama niyama-āsana prāṇāyāma pratyāhāra dhāraṇā dhyāna samādhayo-'ṣṭāvaṅgāni
Le otto membra sono :
1) Yama: le astinenze (in relazione con il prossimo)
2) Niyama: le osservaze (in relazione con se stessi)
3) Asana: posture
4) Prāṇāyāma: il controllo dell’energia
5) Pratyāhāra: l’interiorizzazione dei sensi
6) Dhāraṇā: la concentrazione
7) Dhyāna:la meditazione
8) Samādhi: la coscienza profonda ‘raccolta’

Parlerò approfonditamente di questi rami nel prossimo blog.



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